Bullismo. Povera la scuola che ha bisogno di eroi

Secondo Corrado Augias, che parafrasa Brecht nella sua rubrica di conversazioni con i lettori, pubblicata quotidianamente su “Repubblica“, il comportamento di molti insegnanti, alle prese con gli scalmanati giovani d’oggi, sfiora l’eroismo. Ma “povera la scuola che ha bisogno di eroi“, commenta il giornalista.
Il tema del giorno, naturalmente, è il bullismo, che è diventato anche da noi di emergente attualità, e che ha indotto il ministro Fioroni (ma anche altri suoi colleghi, da Amato a Melandri a Turco) ad assumere iniziative urgenti, che nel caso del titolare del MPI hanno preso la forma di una direttiva di notevole ampiezza (5 febbraio 2007, n. 16). Una direttiva aperta da una inconsueta analisi di tipo socio-psicologico, che giunge a prendere in considerazione le più recenti manifestazioni del fenomeno, come il “cyberbullying“, definito come “particolare tipo di aggressività intenzionale agita attraverso forme elettroniche” (www.pubblica.istruzione.it).
L’approccio al problema riflesso nella direttiva è giustamente a vasto raggio, perché coinvolge in un convergente impegno docenti, dirigenti scolastici, genitori e anche altri Ministeri. E’ stato istituito presso il MPI un numero verde nazionale (800 66 96 96), ed è in funzione il portale internet www.smontailbullo.it. Sono stati inoltre istituiti Osservatori regionali permanenti, ed assunte iniziative per “sensibilizzare” i genitori nell’acquisto dei videogiochi.
Non mancano infine proposte di legge, come quella presentata dall’on. Alba Sasso alla Camera, appoggiata da uno schieramento trasversale, volte a vietare l’uso dei telefoni cellulari in classe.
Da più parti si invita a proibire i comportamenti. Ma spegnere i telefonini sarebbe la soluzione? La scuola, gli insegnanti devono semmai riflettere su come sfruttare gli strumenti cognitivi che i giovani acquisiscono nell’interazione sociale, la straordinaria abilità di manipolazione con tutte le dita della mano, anche del pollice che prima non veniva mai utilizzato.
In questa prospettiva gli insegnanti si mettono nella condizione di fare un lavoro “normale“, non “da eroi“. Ma non sarà facile ricostruire quelle condizioni di prestigio istituzionale e di rispetto sociale verso la scuola, di recupero del suo antico fascino in quanto luogo per un investimento sicuro e proficuo.