Bullismo: avere un figlio vittima (o bullo). Ecco cosa fare
Se c’è una paura comune a tutti i genitori moderni, è quella che il proprio figlio sia vittima di bullismo. Un tasto dolente, che ha trovato risposta e qualche rassicurante consiglio nell’incontro on-line tenuto dall’esperta di social media Ivana Staffolani per un gruppo di associazioni di genitori aGe.
Prima di passare ai suggerimenti pratici, l’esperta ha fatto doverosamente chiarezza: “Nel nostro ordinamento giuridico non c’è il reato di bullismo: sono i comportamenti a essere puniti da specifici reati del codice penale. Alla base della maggior parte dei comportamenti sopraffattori c’è un abuso di potere e un desiderio di intimidire e dominare. Da genitori ed educatori dovremmo sapere come reagire, ma soprattutto domandarci come mai i nostri figli oggi sono così arrabbiati”.
Come sappiamo, ci sono tanti tipi di bullismo: fisico o verbale; che esclude dal gruppo; che punta a danneggiare e/o appropriarsi di beni appartenenti alla vittima; si parla di cyber bullismo quando le azioni qualificabili come bullismo sono attuate sui social network, su internet o sulla telefonia mobile. Inoltre i casi di bullismo sono ripetuti nel tempo: un solo evento non è definibile bullismo. Una prima categoria di comportamenti non classificabili come bullismo è quella degli atti particolarmente gravi, che più si avvicinano a un vero e proprio reato.
“Attaccare un coetaneo con coltellini o altri oggetti pericolosi, fare minacce pesanti, procurare ferite fisiche gravi, commettere furti di oggetti molto costosi, compiere molestie o abusi sessuali – ha messo in guardia Staffolani – sono condotte che rientrano nella categoria dei comportamenti antisociali e devianti e non sono in alcun modo definibili come bullismo”.
Allo stesso modo, i comportamenti cosiddetti quasi aggressivi, che spesso si verificano tra coetanei, non costituiscono forme di bullismo: i giochi turbolenti e le lotte, particolarmente diffusi tra i maschi, o la presa in giro per gioco implicano una simmetria della relazione, cioè una parità di potere e di forza tra i due soggetti implicati e una alternanza dei ruoli prevaricatore/prevaricato. In Italia il fenomeno del bullismo elettronico è stato disciplinato per la prima volta in maniera organica con la legge n. 71/2017: “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyber bullismo”. La legge, prima in Europa, è stata dedicata a Carolina Picchio, morta suicida a 14 anni a causa di cyberbullismo lasciando il messaggio: “Le parole fanno male”.
Diversi comportamenti qualificabili come cyberbullismo possono consistere in: messaggi online violenti, volgari, ostili, inviati generalmente in forum o siti di discussione on-line; spedizione ripetuta di messaggi contenenti insulti volti a ferire e creare disagi psico-fisici alla vittima; sparlare o insultare una persona sulla rete per screditarne la reputazione; farsi passare per un’altra persona, creando un falso profilo e/o utilizzando foto, dati personali o dati di accesso altrui; escludere volutamente la vittima da un gruppo on line; comunicare in rete i dati personali della vittima.
“Nel bullismo elettronico, a differenza del bullismo tradizionale – ha proseguito Ivana Staffolani – spesso il persecutore si nasconde dietro l’anonimato, in quanto gli strumenti informatici consentono di poter operare con una falsa identità (in realtà quasi sempre facilmente identificabile tramite specifiche ricerche da parte della polizia postale) e questo, unito alla mancanza di un rapporto diretto fisico con la vittima, determina in chi agisce l’illusione di sentirsi più protetto, potente, e quindi agevola il compimento di azioni particolarmente spregevoli nei confronti della vittima. Nel cyberbullismo anche soggetti fisicamente deboli o con basso potere sociale possono assumere le vesti di aggressore e quindi potenzialmente sono molti di più i possibili soggetti attivi rispetto ai possibili bulli tradizionali. Inoltre nel bullismo on-line gli atti compiuti nella rete una volta posti in essere sfuggono al controllo anche dello stesso aggressore e diventano fruibili da un numero potenzialmente illimitato di persone, con conseguente crescita esponenziale dell’effetto che ne deriva”.
Cosa fare in caso di bullismo e cyberbullismo? Ecco i consigli pratici dell’esperta Ivana Staffolani:
– che sia vittima o bullo, prima cosa cercate di parlare con vostro figlio: non arrivate subito a conclusioni affrettate, e soprattutto non giudicate. Lasciatelo parlare, cercate di avere più notizie possibile e fate sentire il vostro supporto e la vostra vicinanza.
– In caso di bullismo o cyberbullismo a scuola segnalate i fatti al dirigente e verificate cosa prevede il regolamento scolastico. Il dirigente scolastico deve in ogni caso informare tempestivamente i genitori o tutori dei minori coinvolti e attivare le azioni educative ritenute più opportune ed efficaci previste dai regolamenti di istituto della scuola.
– Se riguardano il trasporto casa/scuola, segnalate alle forze di pubblica sicurezza (Vigili urbani o carabinieri) e fatevi consigliare da loro il modo migliore per agire. a volte basta un maggiore controllo da parte loro o della scuola, a volte invece si tratta di veri e propri reati, nel quel caso sapranno consigliarvi come comportarvi se volete sporgere denuncia.
Leggi l’articolo integrale nel numero 631 di Tuttoscuola
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