Brasile o Slovacchia?. Scenari per la scuola

La fine dell’unità d’Italia, ad opera di secessionisti del Nord o del Sud, è impensabile, ma la prospettiva di un federalismo forte, di una effettiva maggiore autonomia delle regioni, singole o associate, è nell’ordine delle cose possibili.

Quali sarebbero le conseguenze per il sistema scolastico italiano, che nei 150 anni di storia unitaria del nostro Paese ha molto contribuito alla formazione di un comune senso di appartenenza, anche attraverso ordinamenti e strutture amministrative rigidamente centralizzate?

La bozza di accordo tra governo, regioni e province autonome per l’attuazione del Titolo V della Costituzione,  in attesa di approvazione da parte della Conferenza unificata, si sforza di definire le regole di sistema finalizzate a mantenere l’unità nazionale del sistema scolastico (“L’Accordo intende dare la garanzia dell’unitarietà del sistema nazionale di istruzione e formazione, con l’obiettivo prioritario di migliorarne progressivamente la qualità“), ma è evidente che il passaggio da una storia anche amministrativa di più che secolare accentramento a una fase di decentramento e di valorizzazione delle autonomie rischia di produrre quasi necessariamente diversità, differenze, consentendo probabilmente ad alcuni di correre più veloci di altri.

D’altra parte, come ha mostrato anche il 1° Rapporto sulla qualità nella scuola di Tuttoscuola, al di sotto di un sistema formalmente unitario (stessi programmi, orari, regole amministrative ecc.) si nasconde una realtà molto diversificata per qualità dell’offerta formativa e dei risultati di apprendimento. E allora, meglio che le diversità – anche curricolari e organizzative-gestionali – vengano consentite e valorizzate, e che caso mai, a livello nazionale, si sviluppi una organica politica di diffusione delle buone pratiche, come da anni suggerisce l’Europa.