Bonanni (Cisl): ecco perché lascio

Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl da otto anni, intervistato da Francesco Riccardi (Avvenire, 24 settembre 2014) traccia un bilancio della sua esperienza alla guida della Cisl e spiega le ragioni che lo hanno spinto ad anticipare il suo passaggio di consegne. Ne riportiamo un ampio stralcio, riprendendolo dalla newsletter della Cisl scuola.

Raffaele Bonanni lascia la segretaria generale con sei mesi di anticipo rispetto alla scadenza. “Ci ho riflettuto durante le ferie. D’altro canto il processo verso la successione lo avevo già avviato indicando a giugno Annamaria Furlan come segretario generale aggiunto”, spiega il leader della confederazione di via Po.

Ma le sue dimissioni sono anche un segno di protesta verso un governo che non vi considera? Ammetto che non mi sono mai trovato in una situazione in cui le rappresentanze sindacali fossero tanto poco considerate. Quel che mi interessa, ripeto, è raccogliere e rimandare i segni di cambiamento che salgono dalla società. Farebbero bene a farlo anche il governo e i politici, però, non solo i corpi intermedi.

Si dimette perché siete vicini alla sconfitta, quasi all’irrilevanza almeno a livello politico? No, il sindacato e la Cisl tantomeno non sono sconfitti. Anzitutto perché le guerre non si vincono o si perdono in un paio di battaglie. E poi soprattutto perché la Cisl è sempre rimasta fedele alla sua ispirazione ideale, sapendola però coniugare in maniera realistica e pragmatica in un mondo come quello del lavoro in costante cambiamento. E lo abbiamo fatto restando fortemente ancorati alla società, non certo in maniera astratta o peggio ideologica.

Al di là della partita sull’articolo 18, la riforma del lavoro si fa senza di voi. Anzi, in aperta contrapposizione ai sindacati indicati come il “vecchio”. Un grave errore, la Cisl è forza di cambiamento nella società. Ma l’aspetto più triste in questa vicenda è che le accuse di Renzi al sindacato abbiano trovato una sponda acritica quasi dappertutto. Nessuno che abbia compiuto distinzioni, che abbia analizzato ciò che è accaduto realmente in questi anni. E un mondo dell’informazione così, una società così facilmente dimentica del suo passato più prossimo, non sono un buon segno per il futuro.

C’è parecchia amarezza nelle sue parole… Ma no, sono sereno. Tranquillo con la mia coscienza di sindacalista, anzitutto. Ma anche rispetto al programma che ci eravamo dati all’ultimo congresso Cisl: quello appunto di una profonda riforma organizzativa che ha portato alla netta riduzione delle strutture orizzontali territoriali e porterà entro poco da 17 a sole 7 le categorie.

Ma che cosa rivendica come risultato positivo nei suoi quasi 9 anni di guida della Cisl? Tanti accordi importanti come quelli per la Fiat o sulle regole per la rappresentanza sindacale. Ma soprattutto l’aver fatto crescere la Cisl sempre più autonoma, al servizio della comunità, con una propria radicata e originale cultura del lavoro, basata sui valori di libertà, responsabilità e partecipazione.

Di che cosa invece si rammarica? Di non essere sempre riuscito a esprimere un’azione unitaria con le altre confederazioni. Anche se molte delle intuizioni della Cisl, prima osteggiate – come lo sviluppo della produttività, la contrattazione aziendale, i contratti di solidarietà solo per fare tre esempi – sono diventati patrimonio comune del movimento sindacale.

Sul suo futuro Bonanni non si pronuncia: alla domanda del giornalista in proposito risponde di aver “bisogno di tempo – libero dai pressanti impegni di adesso – per pensarci serenamente”.