Bertagna/2. Ma le prove non saggiano competenze?

Va dato atto a Giuseppe Bertagna di aver sempre molto insistito, fin dai tempi della commissione De Mauro, sul carattere individuale e soggettivo (nel senso di personale, personalizzato) della “competenza”.

E’ anche vero, però, che le prove dell’INVALSI, come quelle che si somministrano in molti altri Paesi, sollecitano prestazioni, hanno a che fare cioè con l’uso operativo delle conoscenze e delle abilità, e quindi con le “competenze” individuali degli allievi che le sostengono. Il vero problema sembrerebbe piuttosto quello di far convergere nella misura del possibile, e comunque per le competenze chiave (le key competences di cui si parla in Europa), l’esito delle prove personalizzate in situazione con quello delle prove oggettive. Partendo dall’assunto che in entrambi i casi si tratta di prestazioni individuali, e che queste ultime costituiscono la manifestazione concreta della competenza personale.

Da questo punto di vista, per esempio, sarebbe opportuno individuare punti di collegamento e di verifica incrociata tra gli esami conclusivi dei due cicli, gestiti dagli insegnanti (esami “interni”), e le prove “predisposte e gestite dall’INVALSI” di cui parla la legge n. 53/2003 (chiamiamoli pure esami “esterni”). Sarebbe un peccato rinunciare a procedere in questa direzione magari per difendere una accezione del concetto di “competenza” che rischia – essa sì – di essere “personale”.