Autonomia differenziata, nuove polemiche

È circolata nei giorni scorsi una bozza di legge quadro in materia di attuazione dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione – quello che prevede il riconoscimento di ulteriori forme di autonomia alle Regioni – attribuita agli uffici della ministra Gelmini, competente per tale materia. Ed è subito ripresa la polemica della Cgil (Confederazione e sindacato scuola) su un tema che anche in passato l’ha vista schierata in prima linea contro l’ampliamento delle attribuzioni regionali soprattutto in campo scolastico. La Flc Cgil non si sottrae tuttavia al dibattito: in una nota sul suo sito chiede di “fare chiarezza sul tema” considerando “indispensabile un ampio confronto sulla bozza circolata”.

Il problema è sempre quello dell’autonomia differenziata, che secondo il sindacato di Landini e Sinopoli può essere presa in considerazione solo dopo che siano stati definiti in modo inderogabile i “Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP)” in modo da salvaguardare (come chiede anche la Uil scuola) il carattere nazionale e unitario del sistema di istruzione. Ma al di là dei contenuti della bozza, sottolinea il sindacato, “su questa e su tutte le altre materie oggetto di regionalizzazione, così come sul metodo parlamentare, previsto per l’attuazione del titolo V, è inaccettabile tenere pressoché secretato il dibattito” perché “questo è affare dei cittadini, delle forze sociali, e non bastano gli incontri fra la Ministra e le tre regioni per fare democrazia e informazione, perché questo dell’autonomia differenziata è tema cruciale per i destini del Paese”.

La polemica è antica, e in parte trasversale agli schieramenti politici, visto che le tre regioni capofila della richiesta di maggiore autonomia sono la Lombardia e il Veneto, a guida leghista, e l’Emilia-Romagna, governata dalla sinistra. Occorre certamente entrare nel merito, e in modo pubblico, come chiede il sindacato. Ma una volta salvaguardata la funzione della scuola come “strumento per la creazione delle condizioni di uguaglianza” e per la “rimozione degli ostacoli per l’esercizio della cittadinanza piena della persona” (obiettivi che anche le tre Regioni in causa dichiarano peraltro di condividere) non si vede perché non entrare nel merito. Pubblicamente, com’è giusto.

 

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