Audizione in Senato del ministro Bianchi su PNRR, Aprea (FI): ‘Garantire ai ragazzi di andare a scuola di futuro’

Pubblichiamo di seguito l’intervento dell’Onorevole Valentina Aprea (FI) in occasione dell’audizione in Senato del  Ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi.

Ministro Bianchi,

nell’esprimerle soddisfazione per il suo prestigioso incarico, sono certa che le sue azioni non deluderanno. Ci lega, infatti, una ricca e proficua collaborazione di lavoro portata avanti insieme negli anni scorsi al Coordinamento degli Assessori Regionali, allorquando entrambi svolgevamo la funzione di Assessori all’Istruzione nelle Giunte Regionali di Emilia-Romagna e Lombardia.

Certo, Lei è il quarto Ministro del terzo Governo di questa XVIII legislatura, sostenuta ora da una maggioranza repubblicana, a significare che stiamo vivendo una vera e propria emergenza politica e a questa si è aggiunta dal 2020 l’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia da Coronavirus, che ha accresciuto le sfide dell’istruzione, determinando nuove emergenze: educativa formativa ed occupazionale.

Insomma, una vera e propria tempesta perfetta che non siamo in grado di dire quando terminerà, ma certo non possiamo sperare in soluzioni magiche (tutto tornerà presto come prima!).

Avremo modo e tempo, Ministro, di individuare le politiche migliori per l’emergenza sanitaria che ha determinato nuovamente in queste ore la sospensione delle lezioni e per l’emergenza educativa a partire dal learning loss e dalla sua misura, per cercare di capire cosa si può recuperare degli apprendimenti perduti. Anche perché la DAD (didattica d’emergenza), in una scuola che ha sempre snobbato l’uso delle tecnologie e in un Paese che è in ritardo con l’infrastruttura della banda ultralarga, ha creato molti disagi ed evidenziato disuguaglianze (ha raggiunto solo il 61% degli studenti). In questa sede prefiguriamo, invece, quella visione a tutto campo, che punta al 2030 e al 2050 attraverso le opportunità del Recovery Plan.

Il post Covid comporterà un’accelerazione verso un futuro ricco di nuove opportunità di vivere, lavorare e studiare se si saprà fare un uso più ricorrente, decisivo e organizzato delle tecnologie ma le tecnologie richiedono competenze e costano.

Al contrario, il modello educativo italiano risale a modelli superati (scuole piccole, vecchie e troppo spesso insicure) basati sull’uniformità e la rigidità organizzativa, poco adatti ai tempi e alle modalità della quarta rivoluzione in atto e poco rispettoso del pluralismo educativo, che richiederebbe l’introduzione di un costo standard di sostenibilità per scuole statali e paritarie per dare attuazione alla libertà di scelta educativa.

Va avviata, allora, una trasformazione dei luoghi, dei modi, dei tempi e delle forme di finanziamento dell’apprendimento per tutte le età (Long Life Learning) per far fronte ai vecchi e nuovi analfabetismi.

Con il Recovery Fund, insomma, non dobbiamo limitarci ad immettere risorse in un sistema superato che si dimostra inadeguato ai nuovi bisogni formativi ed inefficiente nella competizione globale, ma puntare sulla modernizzazione di tutto il sistema. Fare presto per andare a scuola di futuro, per una crescita innovativa e sostenibile di stampo europeo, deve insomma significare un investimento straordinario innanzitutto in edilizia scolastica.

Ministro, Colleghi, ho selezionato delle immagini di scuole innovative statali del primo ciclo della scuola Ungaretti di Melzo – una la trovate anche in testa a questo articolo – e di campus del secondo ciclo che vi prego di sfogliare per comprendere il tipo di rivoluzione che dovremmo apportare nei luoghi della conoscenza del nostro Paese.

E quindi, costruire scuole appunto innovative abbattendo le barriere architettoniche e dotandole di laboratori, al posto delle classi, con strumentazioni tecnologiche, dalle lim, ai tablet, alle stampanti 3D, ai computer, ai visori per la realtà aumentata e virtuale, per l’apprendimento delle abilità di base e del coding e soprattutto delle STEM, per appassionare i giovani e tutte le donne alla scienza e alla tecnologia e fare esperienze di intelligenza artificiale.

In una scuola siffatta, il ruolo dell’insegnante risulta modificato: il suo compito diventa sempre di più quello di guidare lo studente nell’apprendimento attivo e nella realizzazione di compiti complessi (insegnante tutor/coach).

E poiché nella scuola del terzo millennio l’emergenza educativa si sta purtroppo profilando addirittura come catastrofe educativa (come dice Papa Francesco), chiusa in qualche modo la partita dei concorsi in atto e stabilizzati i tanti precari che vi lavorano, va predisposto nel Recovery Plan un piano per:

  1. Introdurre la figura del docente gouverneur-tutor-coach per piccoli gruppi di studenti, costante per l’intera durata di ogni ciclo scolastico; a lui il coordinamento tra le attività di apprendimento formali, non formali, informali e occasionali degli studenti con piani di studio personalizzati monitorati nel Portfolio delle competenze degli studenti;
  2. Predisporre le condizioni per una vera carriera dei docenti così da flessibilizzare una funzione pensata in modo rigido e fordista in un tempo che non esiste più;
  3. Assicurare l’ingresso nella funzione docente ordinaria non più in media a 43 anni come adesso ma a 24 anni al massimo (come avviene dappertutto) attraverso due immediati interventi:
  4. a) istituzione delle lauree magistrali per l’insegnamento cogestite in un intreccio regolamentato tra università e scuola attiva;
  5. b) selezione dei docenti fondata su criteri generali stabiliti dal centro, ma affidata alle autonomie delle scuole a partire dagli albi professionali regionali e dai diversi e specifici bisogni del territorio;
  6. Collegare la formazione in servizio dei docenti all’alleanza tra scuola e università stipulata per la qualità delle lauree magistrali abilitanti all’insegnamento; in questo contesto, va previsto il superamento del gap di competenza digitale dei docenti italiani (digital divide), abilitando tutti i docenti all’utilizzo delle strumentazioni e delle tecnologie digitali, a partire dal coding e dalla robotica educativa fino all’utilizzo delle stampanti 3D e dei dispositivi per la realtà virtuale e aumentata.

Vi è poi l’Emergenza formativa ed occupazionale nei settori tecnologici che rimanda all’«higher vet» ancora molto poco sviluppata nel nostro sistema formativo (solo l’1% degli iscritti nel livello terziario di istruzione si diploma nei nostri ITS).

Per raggiungere i modelli delle realtà europee già ben rodate della Francia, della Spagna e soprattutto della Germania, occorre per questo inserire nel Recovery Plan l’impegno non solo a prevedere nuovi e maggiori finanziamenti nel settore, per dare stabilità e continuità all’offerta che oggi si basa su fondi statali e regionali, prevalentemente dell’Unione europea, ma soprattutto l’impegno a rilanciare e riformare in tempi molto brevi gli ITS, con riferimento agli obiettivi strategici e ai finanziamenti del Recovery Plan, partendo dalla nostra Proposta di Legge numero 544 già in discussione in Commissione Cultura che prevede, innanzitutto, la riconfigurazione degli ITS in Accademie per le Tecnologie Applicate, ovvero Smart Academy (rebranding).

A più di dieci anni dalla istituzione degli ITS, ne va anche modificata la governance, semplificandola significativamente, e la natura, dando più spazio ai soggetti privati co-finanziatori, anche nella definizione dei relativi percorsi.

Tutti i territori ad alta vocazione industriale devono poter disporre di Centri Tecnologici Avanzati (Smart Academy), secondo gli standard europei e per sviluppare su binari paralleli i temi dell’innovazione e della formazione, veri e propri luoghi di Open Innovation, ma anche poter essere luoghi di placement, capaci di offrire contratti di apprendistato formativo e anche contratti di apprendistato della ricerca.

E infine, parlando di luoghi della conoscenza e della crescita armoniosa dei nostri giovani, andrebbero previsti in questo Piano così ambizioso anche la creazione di centri sportivi per l’attività motoria ed agonistica con palestre, piscine e spazi strutturati per le attività sportive e centri per la danza, la musica e il teatro, per sviluppare i talenti in questi campi artistici e rilanciare le grandi tradizioni culturali italiane.

Solo così potremo lasciarci alle spalle il Novecento e garantire ai nativi digitali che sono già nelle nostre scuole di andare a scuola di futuro.