Assunzioni. Non passi lo straniero!

Secondo la Corte di giustizia europea l’Italia è venuta meno agli obblighi sulla libera circolazione dei lavoratori europei, in quanto, ai fini della loro partecipazione a concorsi per l’assunzione nella scuola pubblica italiana, non ha tenuto conto in maniera equa dell’esperienza professionale acquisita in altri Stati membri.
Così ha riferito l’Ansa in un comunicato dello scorso 12 maggio, ma la notizia è stata di fatto sommersa da quella riguardante l’immissione in ruolo di 58.000 italianissimi precari. Il governo italiano si è difeso sostenendo che non esiste alcuna discriminazione tra i lavoratori italiani e quelli di altri Stati Ue, ai fini delle assunzioni mediante concorso per titoli ed esami, e anche per le sostituzioni e le supplenze, in quanto anche gli insegnanti di altri Stati membri ricevono un punteggio per ogni mese di insegnamento.
Una disparità di trattamento esiste invece per quanto riguarda l’assunzione mediante le graduatorie permanenti a seconda che l’insegnamento sia stato svolto in Italia o all’estero, disparità giustificata, secondo il MIUR, dal fatto che il servizio è stato prestato negli altri Stati membri sulla base di programmi e contenuti diversi. Ma la Corte europea ha ritenuto irrilevante questa motivazione perché a suo avviso anche altri Stati richiedono ai docenti il tipo di preparazione specifica prevista in Italia. L’assunzione sulla base delle graduatorie permanenti non garantirebbe perciò la parità di trattamento richiesta dal diritto comunitario, essendo fondata su un ingiustificabile divario nella valutazione dell’esperienza professionale a seconda che questa sia stata acquisita in Italia o negli altri Paesi comunitari.
Che farà ora il Ministero? Internazionalizzerà le graduatorie permanenti, o tenterà di erigere una qualche barriera burocratico-sindacale per sbarrare l’accesso nei ruoli italiani ai nuovi “precari” comunitari?