Assegno unico/2. Un’innovazione di carattere sistemico contro il decremento demografico

L’inverno demografico, paventato già vent’anni fa dai politici più avveduti e iniziato ormai da un decennio, potrebbe trovare con l’assegno unico per il carico dei figli uno strumento di contrasto. Fu il presidente Ciampi dal Quirinale a parlare per la prima volta di “culle vuote”. Ma da allora l’Italia, a differenza di altri Paesi europei con il medesimo problema, non è riuscita a varare politiche credibili per evitare l’inverno demografico, mentre aumentava di anno in anno il numero delle culle vuote. Oggi finalmente il principio del figlio-bene pubblico è entrato nella legge.

Sembra strano parlare di figlio-bene pubblico in un Paese non totalitario dove i nati vengono considerati figli della Patria che ne può disporre a piacimento, ma nell’Italia democratica ha ben altro valore.

Chi fa figli consente alla società di riprodursi e di mantenere le condizioni di vita nella società stessa. I figli sono un bene in sé, relazioni di amore nelle famiglie, ma anche ricchezza e dono per l’intera comunità.

Senza figli domani non ci sarà forza lavoro né motore assistenziale e previdenziale per tutti.

Ma i costi di crescita educazione e formazione dei ragazzi li pagano solo le famiglie che li hanno generati. Tutto questo non è giusto.

Le famiglie o i soggetti che non devono affrontare questi costi di allevamento, ma ne godono solo i benefici collettivi, devono riconoscere alle altre famiglie un alleggerimento delle spese.

Perché i figli generati solo da alcuni sono un bene per tutti.

Lo Stato, dunque, deve riconoscere in modo tangibile alle famiglie generatrici il merito sociale della loro scelta di “produrre il più prezioso e incomparabile tra i beni pubblici”.

I paesi nordici, la Francia, lo hanno fatto addirittura alcuni decenni fa.

Noi arriviamo buoni ultimi, ma finalmente anche noi.  

Ci sono ancora pochi fondi, ma intanto ci sono il principio e lo strumento; il resto dovrà venire necessariamente.