Anagrafe degli studenti: un’idea da non sprecare

L’articolo 3 dello schema di decreto legislativo sul diritto-dovere approvato venerdì in prima lettura dal Consiglio dei ministri, prevede la costituzione, presso il Miur, dell’anagrafe nazionale degli studenti per raccogliere i dati sui percorsi scolastici, formativi e in apprendistato.
L’anagrafe vuole rappresentare uno strumento per la vigilanza sull’adempimento del dovere di istruzione e di formazione da parte dei Comuni in cui risiedono i giovani, da parte dei dirigenti scolastici e dei responsabili degli istituti di istruzione e formazione presso cui i giovani assolvono il dovere, e infine da parte dei servizi per l’impiego.
Lo schema prevede la raccolta dei dati degli studenti “… a partire dal primo anno della scuola primaria”. Se ciò significa che l’impianto dell’anagrafe inizierà registrando gli alunni del primo anno dell’obbligo per poi procedere di anno in anno ad aggiungere i dati dei nuovi obbligati, si vanificherebbe l’immediato impiego della banca dati, perché, per avere le situazioni aggiornate al momento in cui oggi si registra più acutamente la dispersione scolastica (dai 14-15 anni poi), occorrerebbero otto-dieci anni di tempo, un lusso che il sistema non può permettersi.
Se invece la previsione del decreto è quella di includere dati degli attuali studenti, compresi quelli da poco iscritti al primo anno di scuola primaria, allora l’anagrafe può avere una ragione diversa.
Tuttavia, perché questa immensa banca dati (550 mila ragazzi obbligati ogni anno per complessivi 6-7 milioni da controllare nell’arco di dodici anni) possa efficacemente funzionare secondo gli obiettivi individuati dal decreto, occorre che abbia una interfaccia permanente con la rete del territorio dalla quale devono venire tutti gli elementi di aggiornamento e di controllo.
Il difficile, ma necessario, è proprio nella creazione dell’interfaccia, altrimenti l’anagrafe finirebbe per rimanere virtuale, inutile.