Alessandro (Cisl scuola), no al preside factotum

Le OO. SS.  della scuola hanno appena annunciato l’intenzione di scendere in piazza contro il ddl sulla Buona Scuola. Tuttoscuola ha rivolto a Vincenzo Alessandro, Segretario Generale CISL SCUOLA Lazio e candidato alla prossime elezioni del CSPI, le stesse domande rivolte al Presidente dell’ANDIS, Marotta, che hanno acceso un serrato dibattito tra i lettori.

Segretario, anche lei teme che i nuovi poteri attribuiti al dirigente scolastico dal ddl La Buona Scuola possano dare luogo ad una deriva autoritaria o clientelare della scuola italiana?

Io rilevo semplicemente che, prima ancora dei rischi di autoritarismo e clientelismo, il problema che pone il ddl è quello del mutamento del modello di scuola che deriverebbe dalla sua applicazione. Non più la comunità educativa, in cui dirigenti, docenti, ATA, genitori e studenti cooperano per il raggiungimento del fine comune, ossia il successo formativo di tutti e di ciascuno degli studenti affidati alla scuola, ma un sistema sbilanciato, in cui ad una sola componente, quella della dirigenza,  viene affidato un ruolo preminente rispetto alle altre. Peraltro, noi, come sindacato confederale, rappresentiamo anche la dirigenza e sappiamo che non tutta la categoria soffre di manie di protagonismo e, al contrario,  c’è una parte molto consapevole, che sa bene che le proposte del ddl non farebbero altro che aumentare il carico di responsabilità, a parità di retribuzione. Anzi, no, a retribuzione calante, perché è vero che il ddl Renzi recupera il taglio del FUN, destinato alla retribuzione accessoria dei dirigenti, ma il recupero è solo per il futuro  e non per quello che si è perso.

Quindi, è un problema di “sistema” e non di possibili comportamenti “devianti”?

Certo, prima c’è il problema “filosofico”, su quale modello di scuola (e, quindi, di società) vogliamo realizzare, e poi quello delle patologie che potrebbero determinarsi. La scuola come comunità educativa cooperante è il modello che meglio risponde allo spirito e alla lettera della nostra Carta Costituzionale. La scuola di Renzi, quella della chiamata diretta e del “casting” dei docenti, è un’altra cosa. Suggerisce l’idea di un sistema competitivo, socialmente darwinista, fatto di docenti contro docenti, scuole contro scuole, e, in prospettiva, di alunni contro alunni. Non più la comunità solidale che ci sforziamo di costruire quotidianamente.

Dopo di che, ho grande stima del lavoro dei dirigenti scolastici, che in assoluta solitudine e mancanza di mezzi, sono chiamati a svolgere il ruolo del cireneo evangelico. È chiaro che questa è la parte sana (e maggioritaria) della categoria. È chiaro anche che la deregulation prospettata dal ddl porterebbe, fatalmente, al manifestarsi di fenomeni negativi, peraltro statisticamente non più numerosi di quelli che si verificano in tutte le categorie professionali.

Sì, ma i risultati delle indagini internazionali dicono che la nostra scuola ha bisogno di interventi di riforma.

Intanto, vorrei sottolineare che la scuola italiana è un fenomeno complesso. È vero che le indagini internazionali non danno sempre risultati lusinghieri. È vero pure che gli studenti del liceo Brocchi di Bassano del Grappa hanno vinto, nel mese di gennaio,  il primo premio nella competizione internazionale Zero Robotics, progettando i codici informatici per far muovere i satelliti della missione spaziale in cui è impegnata l’astronauta italiana Cristoforetti. Parliamo di ragazzi che debbono ancora conseguire la maturità.

Si dirà: sono eccellenze, che non riguardano il sistema complessivo. È vero. Ma il sistema non soffre di mancanza di autorità della dirigenza. Soffre di mancanza di investimenti, di risorse calanti. La dico con le parole del comico Maurizio Crozza. Dato il succedersi di crolli dei soffitti, gli insegnanti sono ormai costretti a fare due appelli, uno all’inizio delle lezioni e uno alla fine, per vedere se ci sono tutti gli studenti.  Solo una battuta? Non lo so. Io, per parte mia, posso dire che mia figlia, che frequenta un liceo romano, ha subito, per questa ragione, un mese di chiusura della scuola lo scorso novembre.  Forse questi sono i problemi della scuola italiana: risorse non adeguate a quello che ci aspettiamo la scuola faccia per il Paese.