Ludovica Rampoldi: ‘La scuola dovrebbe aiutare a sviluppare la capacità di immaginare nuove strade e adattarsi ai cambiamenti’
Di Sara Morandi
L’intervista alla regista Ludovica Rampoldi ci offre uno sguardo approfondito nel suo debutto alla regia con il film “Breve storia d’amore” con Valeria Golino, Adriano Giannini, Pilar Fogliati e Andrea Carpenzano, in uscita al cinema dal 27 Novembre. Nota per la sua abilità nella sceneggiatura, Rampoldi affronta la sfida di passare dietro la macchina da presa, narrando una storia che esplora le complessità delle relazioni moderne attraverso una lente femminile. La trama si sviluppa attorno a due coppie le cui vite si intrecciano a causa di un tradimento, mettendo in luce il desiderio, la gelosia e la fragilità delle relazioni adulte. Con una narrazione che evita i moralismi, Rampoldi si impegna a rappresentare personaggi autentici, capaci di vivere nelle menti degli spettatori ben oltre la durata del film.
La scuola dei sogni di Ludovica Rampoldi è un luogo dove lo sviluppo del pensiero critico e della creatività sono al centro dell’istruzione. La regista crede fermamente che la capacità di analizzare testi, argomentare e formare un punto di vista personale sia essenziale per preparare i giovani al futuro. Una scuola che predilige il dialogo, l’analisi e il confronto, piuttosto che un approccio frontale, per formare adulti più consapevoli e capaci di adattarsi ai cambiamenti.
Il Suo debutto alla regia con “Breve storia d’amore” segna un passo importante nella Sua carriera. Quali sono state le maggiori sfide che ha affrontato nel passare dalla sceneggiatura alla direzione, e come ha trovato il bilanciamento tra questi due ruoli creativi?
“La differenza maggiore è il tempo: scrivendo, hai tutto il tempo del mondo per riflettere su un’idea, testarla, modificarla fino a che non ti soddisfa. I tempi delle riprese invece impongono scelte rapidissime. Ho cercato di arrivare ogni giorno sul set preparata, con la lista di inquadrature già stilata con il direttore della fotografia, in modo da limitare gli intoppi. Ma ho anche capito che spesso non si può controllare tutto e, ciò che non si era calcolato, spesso è un dono. Bisogna essere aperti agli imprevisti (una location che salta, il meteo che non ti concede la giornata di sole che avevi immaginato sulla pagina) e capaci di tramutarli in occasioni”.
Il film affronta le complessità delle relazioni moderne, spesso evitando i moralismi. Come ha lavorato per rappresentare le dinamiche di coppia in modo autentico e senza pregiudizi?
“Mi sono guardata dentro, e intorno: volevo che i personaggi assomigliassero a qualcuno di reale, che non fossero figure generiche senza vita né profondità. Ho cercato di capire cosa significhi per me la coppia, la bellezza e il lavoro di costruirla ogni giorno, il mistero insondabile che l’altro sempre rappresenta. Inoltre, le zone d’ombra che tutti abbiamo e dobbiamo coltivare, rivendicazioni di uno spazio di identità che sfugge al controllo dell’altro”.
“Breve storia d’amore” è una commedia raccontata da una prospettiva femminile. In che modo ha voluto che questa prospettiva influenzasse la narrativa e quale messaggio vuole trasmettere alle spettatrici attraverso la storia di Lea?
“Molte persone che hanno visto il film mi hanno detto: “si vede che è fatto da una donna”. Penso che sia perché Breve Storia d’Amore racconta dall’interno un femminile che esce dalla dicotomia della rappresentazione classica delle donne. Lea non è né un angelo né un diavolo. È una giovane donna complicata e ferita che fa cose molto sbagliate, ma è animata da un principio nobile, la ricerca della purezza. Il suo è un viaggio di auto-distruzione al termine del quale sarà capace di costruire una nuova identità sulle macerie. A volte perdersi è l’unico modo per ritrovare la vera essenza di noi stessi”.
Come immagina una scuola ideale? Quali elementi ritiene essenziali per preparare i giovani al futuro?
“Il più importante credo sia lo sviluppo del pensiero critico: sapere analizzare testi e informazioni, argomentare, mettere in relazione temi diversi, formare un punto di vista personale. Incoraggiare la lettura mi sembra il modo migliore per formare adulti più consapevoli. Nei romanzi conosciamo noi stessi. E poi la scuola dovrebbe sviluppare la creatività, non tanto come talento artistico, ma come capacità di immaginare nuove strade e adattarsi ai cambiamenti. Un sistema che all’approccio frontale prediliga il dialogo, l’analisi, il confronto”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Solo gli utenti registrati possono commentare!
Effettua il Login o Registrati
oppure accedi via