Centri estivi, famiglie lasciate sole. Daniele Novara: ‘Sull’infanzia e sulle famiglie servono investimenti veri’

L’estate è lunga, e per tante famiglie italiane rischia di trasformarsi in un percorso a ostacoli. I centri estivi, pur rappresentando un presidio educativo prezioso, restano ancora oggi a carico quasi esclusivo delle famiglie, con costi che, specie in presenza di più figli, diventano insostenibili. A denunciarlo con forza è il pedagogista Daniele Novara, che richiama l’attenzione su un’emergenza educativa e sociale sempre più trascurata.

“Anche quest’anno il costo dei centri estivi ricade quasi interamente sui genitori. Qualche Comune ha previsto piccoli contributi, ma si tratta di misure poco incisive, che non modificano la sostanza: le famiglie sono lasciate sole a gestire una spesa spesso proibitiva”, afferma Novara. Una fotografia che stride con la narrazione ufficiale, dove si moltiplicano i richiami alla natalità e alla centralità dei bambini. Secondo Novara, siamo ancora legati a un’idea superata di estate “in villeggiatura”, con la presenza rassicurante (e gratuita) dei nonni a colmare ogni vuoto. “La realtà è ben diversa. I ritmi di vita sono cambiati, le famiglie sono cambiate. E non possiamo continuare a scaricare su nonni e nonne la responsabilità di un tempo educativo fondamentale come quello estivo”.

Calo demografico? Si cominci dal concreto

Nel dibattito pubblico, sottolinea Novara, ci si scandalizza per la denatalità senza però agire sulle condizioni reali che rendono difficile la vita dei genitori: “I centri estivi costano, e non poco: si parte da circa 100 euro a settimana, ma si può arrivare anche a 500. Se una famiglia ha due o tre figli, è evidente che parliamo di cifre fuori portata”.

Un tempo erano le aziende a offrire soluzioni: colonie, soggiorni estivi, servizi di conciliazione. Oggi, osserva il pedagogista, tutto è scaricato sulla singola famiglia, sempre più isolata e sotto pressione. A pagarne le conseguenze non sono solo i genitori, ma i bambini stessi, percepiti da una parte della società come un fastidio più che come una risorsa. “Ci sono locali dove campeggiano cartelli con scritto: ‘Qui i bambini non li vogliamo’. È il segno di una cultura che ha smesso di riconoscere il valore sociale dell’infanzia”.

Un Paese che ha smarrito la sua visione educativa

Eppure, ricorda Novara, l’Italia è stata capace di visioni coraggiose e inclusive: la legge sull’integrazione scolastica, la chiusura delle classi differenziali, la legge 285 sui diritti dell’infanzia. Politiche che ci hanno resi un modello in Europa e nel mondo. Ma oggi? “Siamo il Paese europeo con il calo demografico più marcato. E non sarà certo la retorica a invertire questa tendenza. Servono scelte politiche reali, strutturali. Serve un investimento vero sull’infanzia e sulle famiglie. Solo così potremo tornare a immaginare un futuro che metta davvero al centro ciò che più conta: il nostro futuro”.

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