Nuove Indicazioni Nazionali tra identità, esclusione e ritorni al passato: la critica della Società Italiana delle Letterate

Le Nuove Indicazioni Nazionali pubblicate lo scorso 11 marzo dal Ministero dell’Istruzione e del Merito come “materiali per il dibattito pubblico”, continuano a suscitare reazioni forti e critiche da parte del mondo accademico, pedagogico e culturale. Tra le voci più autorevoli, quella della Società Italiana delle Letterate (SIL), che in una nota arriva ad esprimere “forte preoccupazione” per quella che viene definita come “un’operazione di arretramento” rispetto al documento programmatico del 2012.

Lingua e letteratura: un ritorno a un’identità unica e chiusa

Uno dei punti centrali della critica riguarda la concezione della lingua italiana presentata nelle nuove Indicazioni, che, secondo la SIL, si lega a una visione identitaria e univoca, trascurando la ricchezza e la pluralità che da sempre caratterizzano l’italiano reale, parlato e scritto. “Si propone una visione della lingua legata all’identità nazionale, trascurandone la dimensione polifonica e plurale”, si legge nel documento, dove si evidenzia l’assenza di attenzione alle varietà linguistiche interne — dai dialetti alle lingue di minoranza — e soprattutto alla molteplicità delle espressioni oggi presenti nelle classi scolastiche.

Un aspetto che tradisce l’impostazione aperta e democratica ereditata dal pensiero di Tullio De Mauro e dal GISCEL, che avevano sottolineato la funzione della lingua come strumento essenziale per la partecipazione alla vita democratica. In quella prospettiva, ricorda la SIL, la scuola era chiamata a fornire “strumenti linguistici adeguati per esprimersi e comprendere il mondo”.

Invece, in queste Indicazioni, prosegue la nota, si assiste alla totale mancanza di riconoscimento per il lavoro di riscrittura del canone letterario svolto da anni: “Non v’è traccia di questo lavorio di riscrittura della tradizione in una prospettiva aperta alla presa di parola di tutte le soggettività oppresse”. Concetti come oltrecanone e personagge, elaborati in anni di riflessione teorica e didattica, vengono ignorati, mentre si riafferma una concezione classica e tradizionale della letteratura, fondata su autori canonici e modelli patriarcali.

Anticipare il latino, cancellare il contemporaneo?

Un altro nodo è l’introduzione del latino nella scuola media come disciplina autonoma. Per la SIL, questa scelta appare problematica: da un lato, perché sottrae tempo all’approfondimento della lingua e della letteratura contemporanea; dall’altro, perché rischia di rafforzare dinamiche selettive, rendendo “l’intero processo di apprendimento relativo all’asse linguistico meno accessibile”.

Una riflessione metalinguistica sul latino era possibile, sostengono le letterate, senza l’istituzione formale di una disciplina separata. Così facendo, si rischia di irrigidire un sistema che dovrebbe invece favorire accessibilità, confronto e costruzione progressiva delle competenze.

La Bibbia a scuola: letteratura o religione?

Altro punto critico è l’inserimento della Bibbia nel percorso curricolare. Pur presentata come riferimento culturale e letterario, la sua inclusione è giudicata dalla SIL una forzatura che rischia di rafforzare l’impianto confessionale del sistema educativo, a discapito della pluralità religiosa e culturale. “L’indicazione della Bibbia come fonte letteraria […] erode e offusca la conoscenza effettiva del passato” e “mina l’apertura e la reale valorizzazione della diversità religiosa e culturale”.

Educazione civica o educazione nazionalistica?

Sotto accusa anche l’impostazione dell’educazione civica: pur affrontando temi fondamentali come la Costituzione, la legalità e la sostenibilità ambientale, la SIL rileva un rischio concreto di scivolamento verso una “prospettiva nazionalistica e un’ottica securitaria”. Il continuo richiamo alla regola e all’ordine, avverte l’associazione, potrebbe allontanare gli studenti dalla possibilità di esprimersi liberamente e sviluppare un pensiero critico, andando così contro alcuni principi costituzionali fondamentali come la libertà di espressione.

Educazione di genere: la grande assente

In un’epoca in cui le questioni di genere attraversano scuola, società e cultura, le nuove Indicazioni si rifanno a una visione semplificata e superata, parlando di “complementarità tra i generi” ma senza affrontare la necessità di decostruire gli stereotipi. “Non viene riconosciuta la pluralità delle identità di genere e delle esperienze affettive e sessuali”, denuncia la SIL, rilevando una riproposizione del modello eteronormativo che esclude le molteplici realtà esistenti dentro e fuori le aule scolastiche.

“Il lavoro delle nostre fondatrici […] ha posto la necessità di uno sguardo ampio sulla letteratura per ridefinirne i perimetri e le genealogie oltre i confini nazionali”, si legge ancora nella nota. In questo contesto, la presenza crescente di autrici e autori di origini “altre” rappresenta una ricchezza per la lingua e la letteratura italiana, e non un’anomalia da ignorare.

La parola come strumento di cittadinanza

Uno degli aspetti più critici secondo la Società Italiana delle Letterate riguarda l’approccio alla grammatica e alla valutazione. Le Indicazioni sembrano privilegiare una didattica normativa e mnemonica della lingua, trascurando invece la dimensione comunicativa, partecipativa e creativa dell’uso della parola.

La valutazione, inoltre, viene concepita come strumento selettivo, pensata per “valorizzare i talenti” e premiare chi si adegua. Ma “la valutazione – si legge nel comunicato – è parte costitutiva del processo di apprendimento” e deve seguire logiche di gradualità, supporto, accompagnamento. Un’impostazione rigida e meritocratica rischia di minare la vocazione democratica della scuola pubblica.

L’appello finale: una scuola plurale e aperta

In chiusura, la SIL lancia un appello chiaro e deciso: “La Società Italiana delle Letterate invita a una revisione delle nuove Indicazioni Nazionali affinché la scuola possa realmente promuovere il dialogo interculturale, la pluralità linguistica e la formazione di nuove generazioni capaci di una cittadinanza consapevole e aperta al mondo”.

Un appello che non è solo tecnico o pedagogico, ma profondamente politico: rimettere al centro la parola — in tutte le sue forme, voci, radici — come strumento per costruire una scuola davvero pubblica, democratica, plurale.

 

Ricordiamo che, dopo il webinar del 27 marzo sull’impianto generale delle Nuove Indicazioni (si può rivedere qui), Tuttoscuola e la Fondazione Agnelli ne promuoveranno altri a carattere disciplinare, oltre a seguire puntualmente gli sviluppi del confronto nella newsletter settimanale del lunedì, sul sito e sulla rivista. 

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