
Carichi residuali

Tra le emergenze affrontate in questi giorni, la questione degli sbarchi nei porti siciliani di centinaia di migranti, quasi certamente non era tra le immediate priorità del Governo, e il nuovo ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, l’ha dovuta affrontare con urgenza e, con qualche conseguente sbavatura. Come quella dell’infelice termine da lui utilizzato, dopo aver fatto scendere dalle navi “Geo Barentes ed Humanitas 1”, bloccate al porto di Catania, le persone fragili (donne, bambini e malati), per definire gli altri migranti rimasti a bordo “carichi residuali”.
Il termine ha provocato reazioni e critiche sia da parte di esponenti dell’opposizione sia da parte di Francia e Unione Europea, parlando di diritti umani.
La reazione del ministro a quelle critiche è stata immediata: “Se vi volete fermare all’esegesi delle espressioni burocratiche fate pure, ma non accettiamo lezioni da nessuno dal punto di vista di rispetto dei diritti umani”.
Sull’impiego di quelle due parole, “carichi residuali”, è intervenuto su Facebook il prof. Italo Fiorin, in questi termini:
“Le parole sono importanti. Per conoscere la realtà. Oppure per nasconderla. Per aiutare a capire. Oppure per mascherare. Quali parole usare per i disperati che scappano rischiando la loro vita, che hanno la colpa di essere poveri, neri, nati dalla parte sbagliata del mondo, capitati nella guerra sbagliata, nella fame sbagliata, nel continente sbagliato?
È umanitario dividere i bambini e le mamme dai loro papà?
E quelli che non sono donne e bambini sono ‘carico residuale’ come ha detto un nostro ministro, che pure ha giurato sulla Costituzione? Quali parole dovremo usare per quanto sta succedendo? Vergogna andrebbe bene?”
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