La lettura al tempo di internet

Il recente libro (2021 negli USA) della linguista americana Naomi S. Baron sulle diverse tecniche di lettura in uso nel nostro tempo internettistico, tempestivamente tradotto in italiano per i tipi di Raffaello Cortina Editore (Come leggere. Carta, schermo o audio?, 2022), è una preziosa guida che può aiutare in primo luogo gli insegnanti – ma a ben vedere qualunque lettore – a comprendere i vantaggi e gli svantaggi dell’uso dell’una o dell’altra modalità di lettura.

Sulla base di una sterminata quantità di studi e sperimentazioni quasi tutti post 2010, citati anche nella ricca bibliografia (oltre 22 pagine), la studiosa americana giunge alla conclusione che la lettura tradizionale, quella che si avvale di testi di carta stampata, è quella che consente la comprensione più approfondita (“lettura profonda”) dei contenuti trattati nei testi, mentre la lettura digitale, cioè su schermi (computer, tablet o smartphone) o per certi aspetti anche quella tramite audio (per esempio podcast, audiolibri), si presta di più all’acquisizione rapida, anche in multitasking, di grandi quantità di informazioni, e può essere la più funzionale quando si tratta di prendere decisioni avendo a disposizione diverse alternative, come nel caso dell’acquisto di un bene o della scelta di un itinerario di viaggio.

La scelta del tipo di lettura dipende dunque dall’obiettivo che ci si propone di raggiungere: se l’obiettivo primario, prendiamo il caso degli insegnanti della scuola di base, è quello di gettare le fondamenta della conoscenza negli alunni, la via migliore è quella di mixare pragmaticamente le diverse modalità di lettura (l’autrice presenta una serie di esempi). Se invece l’obiettivo primario, come nel caso dei docenti dell’High School e del College, e ancor più di quelli dei dottorati, è quello di aiutare gli studenti ad acquisire un approccio critico e riflessivo ai contenuti disciplinari e inter o transdisciplinari, resta ancora preferibile lo studio fondato sui libri e sulla lettura tradizionale, che è più lenta ma consente approfondimento, interpretazione, esplorazione, scoperta di nuovi interessi, nuovi angoli visuali sulle materie oggetto di questo genere di lettura, che proprio per questo la Baron definisce “profonda”.

Anche in questo caso l’autrice del volume non svolge considerazioni di carattere teorico, e pochissimo citati sono i pedagogisti – da Dewey a Bruner, mai Piaget – che pure potrebbero offrire riferimenti per le sue argomentazioni: che poggiano solo su esempi, casi concreti di sperimentazioni effettuate, come nei due capitoli dedicati ai risultati della ricerca sulla lettura di testi singoli e di testi multipli.

Interessante quanto la Baron osserva sull’esito delle prove standardizzate internazionali (Pirls e Pisa, che tendono ormai ad essere trasferite in toto dalla carta al computer: risulta che i migliori risultati vengono raggiunti, nelle risposte ai quesiti più impegnativi, dagli alunni che hanno letto opere letterarie extracurricolari. “L’evidenza suggerisce”, osserva l’autrice (pag. 131), “che dovremmo pensarci bene prima di lasciare che la lettura di testi lunghi – e in particolare di opere letterarie – venga penalizzata nei programmi scolastici”.
(O.N.)