Lo strappo istituzionale della resistenza attiva

Dal 16 luglio 2015 è entrata in vigore una nuova normativa in materia di scuola: è la legge 13 luglio 2015, n. 107 “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”.

È una legge con luci ed ombre (come capita spesso), preceduta un anno fa da una presentazione che prospettava profonde riforme nell’organizzazione del sistema scolastico (in parte rimaste lettera morta), uscita da un contrastato iter parlamentare e accompagnata da critiche del mondo sindacale e scioperi del personale scolastico.

Piaccia o no, ora la 107/15 è legge e, come tale, va applicata, soprattutto da parte di chi (dirigenti scolastici e personale scolastico delle scuole statali) ha l’obbligo di farlo.

La “resistenza attiva” – come è stata chiamata – che i sindacati rappresentativi hanno lanciato in questi giorni, per impedire, ritardare o contrastare l’applicazione della legge apre uno scenario inaspettato e per certi versi inquietante.

Se, come affermato, vi sono nella legge norme di dubbia legittimità, esistono forme e strumenti per impugnarle e ottenerne la modifica, ma nel frattempo non possono essere eluse o ignorate.

Contrastare la legge per impedirne l’applicazione o suggerire proposte alternative è cosa ben diversa dal darne un’attuazione criticamente responsabile, aperta e intelligente, sfruttandone positivamente le potenzialità a sostegno effettivo dell’autonomia.

L’invito unitario dei sindacati ad azioni che tengono a precisare sarebbero “perfettamente legittime, perché attuate nel rispetto delle leggi, del contratto e degli spazi concessi alla libera determinazione delle persone e degli Organi collegiali”, fa leva sui sentimenti di conservazione di una parte della categoria, anziché sulla sensibilità di tanti verso l’apertura al cambiamento e alla qualificazione del servizio.

L’invito a contrastare (ma si potrebbe dire boicottare) la legge sarà probabilmente raccolto dalla parte più rumorosa e inquieta degli studenti. Difficile prevedere quale accoglienza riceverà dalla categoria e dalle famiglie.

È un rischio che i sindacati sanno di correre, anche con la possibilità che si trasformi in boomerang.