
Alessandro (Cisl scuola), una piazza così non si era mai vista
Se non si parte da un livello decente di retribuzione, la valorizzazione del merito è pura ideologia

Proseguiamo nella nostra rassegna di opinioni e valutazioni sul Ddl di riforma della scuola approvato dalla Camera pubblicando l’intervista che Vincenzo Alessandro, segretario regionale dell Lazio della Cisl scuola, ha rilasciato a Tuttoscuola.
Il DDL la Buona Scuola è passato alla Camera. Qual è il suo commento?
Il ddl è stato approvato, ma la scuola italiana non lo ha accettato. Le organizzazioni sindacali del Lazio hanno presidiato Piazza Montecitorio per tre giorni (18, 19 e 20 maggio), in concomitanza con la fase finale della discussione parlamentare. La manifestazione sindacale era stata battezzata Speaker’s corner, dal nome del famoso luogo di Hyde Park ove chiunque può salire su uno sgabello ed arringare i passanti. E così si è fatto a Montecitorio, lasciando il microfono a chiunque lo chiedesse, compresi quelli critici a prescindere con il sindacato (e qualcuno ce n’era). Alla fine, per chi conosce la scuola e la storia del suo sindacalismo, lo scenario era surreale. Una piazza nella quale sventolavano le bandiere di FLC CGIL, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals, Gilda, Cobas, Usb, Unicobas, cioè tutte le sigle sindacali della scuola, non si era mai vista, a memoria di sindacalista. Eppure si è verificato. Questo fatto e i 618.066 scioperanti del 5 maggio ci dicono che non i sindacati in quanto tali, ma la scuola nel suo complesso vive il ddl come una ferita. Non è un buon viatico per nessuna riforma. Continueremo nella protesta. Stiamo già progettando le iniziative che accompagneranno la discussione al Senato.
Eppure, ci sono stati cambiamenti del disegno di legge. Per esempio, lo stralcio del finanziamento del 5 per mille ai singoli istituti.
Vi leggo una notizia ANSA arrivata durante la manifestazione in piazza Montecitorio e riporta una dichiarazione del premier. Dice testualmente: “Lo stralcio del 5 per mille? Lo avrei lasciato. Ne riparleremo nella legge di stabilità. È la prova che sulla scuola non vogliamo imporre la nostra linea o le nostre idee”. Ma come, riproporre nella legge stabilità il 5 per mille tolto dal ddl sarebbe una prova che non si vuole imporre una linea? A me sembra proprio il contrario. Queste sono forme di finanziamento alla scuola privata, contro la quale personalmente non ho nulla, perché anche lì ci sono lavoratori della formazione e ci sono alunni. Però, dare finanziamenti ai privati quando crolla un soffitto al giorno nella scuola pubblica è un’offesa alla memoria di Vito Scafidi, il diciassettenne morto a Rivoli nel 2008 proprio per questa ragione.
Ma giusto sull’edilizia scolastica il ddl contiene impegni importanti del governo.
Ne siamo contenti, ma mettere la scuola in sicurezza è un dovere. Direi, scusate l’involontaria ironia, che si tratta del minimo sindacale, non è che possa essere vantato come una svolta epocale nella conduzione del sistema scolastico. Dopodiché, faccio sommessamente osservare che quelle risorse vanno alle imprese edili, non alla scuola come tale. Ottimo provvedimento anticongiunturale, certo. Come diceva Berlusconi, che se ne intendeva, visto che la sua fortuna cominciò come imprenditore del settore edile, se tira l’edilizia ne beneficia tutta l’economia, ma di investimenti nel settore scolastico in senso proprio dobbiamo ancora cominciare a parlare.
Qualcuno dice che dietro l’opposizione del mondo della scuola c’è il fatto che non si vuole la logica del merito, la solita cultura vetero sindacale degli aumenti a pioggia.
Aumenti a pioggia? Chi dice questo non sa che le RSU contrattano da anni il fondo di istituto, distribuendo le scarse risorse che da questo provengono solo a chi dà qualcosa in più, in termini progettuali od organizzativi, al funzionamento della scuola. La scuola è abituata da gran tempo alla logica della produttività. Se si vuole accentuare questo meccanismo, si faccia prima un’operazione di riallineamento salariale che conduca le retribuzioni ad un livello di dignità e, a partire da questo, si dica che da quel momento in poi cambierà la cultura retributiva. Se, però, non si parte da un livello decente, la valorizzazione del merito è pura ideologia, simmetricamente opposta a quella delle guardie rosse che sventolavano il libretto di Mao. L’ideologismo è come l’acqua: si infiltra dappertutto, anche nelle pieghe di ceti sociali che nascono contestando l’ideologismo altrui e finiscono per contrapporre un catechismo ad un altro (con il dovuto rispetto per il catechismo, si intende).
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