Ddl Buona Scuola: la rivoluzione parte dal basso

Avevamo manifestato perplessità davanti alle reiterate dichiarazioni del ministro Giannini, secondo cui si prevedeva di partire dagli effettivi bisogni delle scuole.

Sembrava, infatti, di capire che i bisogni delle scuole sarebbero stati individuati (forse un po’ paternalisticamente) dall’Amministrazione. Invece…

Invece, leggendo il testo del Ddl della Buona Scuola, scopriamo che si parte effettivamente dal basso, dai bisogni della scuola, definiti dal Piano triennale, in base al quale Le istituzioni scolastiche individuano il fabbisogno di posti dell’organico dell’autonomia, in relazione all’offerta formativa che intendono realizzare, nel rispetto del monte orario degli insegnamenti e tenuto conto della quota di autonomia dei curricoli e degli spazi di flessibilità, nonché in riferimento ad iniziative di potenziamento dell’offerta formativa e delle attività progettuali.

Ad esempio, vuoi una classe a tempo pieno oppure vuoi sdoppiare una classe pollaio? Ok. Potrai utilizzare le risorse d’organico assegnate, ma dovrai fare scelte, rinunciando ad altri progetti.

Il Piano triennale, che contiene anche  la programmazione delle attività formative rivolte al personale docente e la quantificazione delle risorse per la realizzazione dell’offerta formativa, viene predisposto all’inizio dell’anno e inviato all’Ufficio scolastico regionale per l’esame e poi trasmesso al Miur che verifica il rispetto degli indirizzi strategici e conferma le risorse destinabili alle infrastrutture materiali e il numero di posti dell’organico dell’autonomia effettivamente attivabili, nel limite delle risorse disponibili.

Le istituzioni scolastiche aggiornano il Piano (dopo la verifica del Miur), che diviene così efficace.

Ci sembra una rivoluzione copernicana che va nella direzione di una effettiva valorizzazione dell’autonomia scolastica.