
La scuola dellItalia unita
Il 17 marzo 1861 fu proclamata la nascita del Regno d’Italia, e il 17 marzo, come ha ricordato il ministro Profumo sabato scorso alla presenza del presidente Napolitano in occasione della cerimonia di chiusura dei 150 anni dell’unità d’Italia, è diventato per decisione del Consiglio dei ministri la “Giornata dell’anniversario dell’Unità d’Italia”. Non una festività civile, ma certamente un evento importante per un mondo, come quello della scuola, che si occupa istituzionalmente dell’educazione dei giovani, nella quale rientra certamente anche la conoscenza della storia dell’Italia come Stato nazionale indipendente.
Uno Stato che nasceva, 150 anni fa, con una identità nazionale tutta da costruire (“Fatta l’Italia, ora dobbiamo fare gli italiani” fu la famosa frase di Massimo D’Azeglio), con un tasso di analfabetismo del 77,7% e con una larghissima prevalenza dei dialetti sull’italiano, o meglio sul ‘fiorentino parlato dalle persone colte’, il riferimento linguistico unitario scelto per l’educazione delle nuove generazioni.
Non c’è dubbio che proprio il sistema scolastico, con il drastico accentramento del suo modello organizzativo e amministrativo e dei programmi, e il progressivo aumento dell’obbligo scolastico, abbia dato un contributo fondamentale alla costruzione dell’unità degli italiani, pur in presenza di elevati tassi di evasione e dispersione scolastica, fenomeni mai adeguatamente combattuti e tuttora non debellati.
Negli ultimi venti anni tale modello centralizzato e fortemente burocratizzato è entrato in crisi, ma le nuove parole d’ordine dell’autonomia delle scuole e del federalismo non hanno davvero intaccato l’impianto del sistema scolastico del nostro Paese, che resta fondamentalmente centralizzato per orari, programmi e stato giuridico del personale docente e dirigente.
Una vera svolta in direzione di una maggiore qualità ed equità della scuola italiana, mantenendone il carattere unitario, potrebbe essere favorita dall’individuazione di pochi (molti meno di quelli attuali) obiettivi di apprendimento, da percorsi individuali più flessibili e personalizzati e da una autentica autonomia organizzativa e didattica delle scuole anche per quanto riguarda la scelta dei docenti e dei dirigenti. Su questi temi e su alcune scelte di fondo finora ignorate o eluse (riduzione della durata degli studi da 13 a 12 anni, eliminazione delle bocciature, certificazione delle competenze, un forte sistema di istruzione tecnica superiore parallelo e alternativo all’università, un efficace servizio nazionale di valutazione) sarebbe bene che un Paese come l’Italia riflettesse in occasione di un evento importante come il 150° anniversario della sua unità.
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