Il taglio netto per i manager pubblici si ferma al 5%

Il taglio del 10% degli stipendi dei manager pubblici riguarda non l’intero emolumento, bensì soltanto una quota di stipendio al di sopra di un certo importo (150 mila euro). Tra i 90 e i 150 mila il taglio sarà solo del 5%, mentre per la quota di stipendio fino a 90 mila euro non ci sarà alcun taglio. La percentuale dei tagli sull’intera retribuzione, quindi, diventa di gran lunga inferiore a quel 10% di cui si è parlato.

Uno stipendio attuale di un manager pubblico dell’Amministrazione scolastica che sia pari a 250 mila euro annui si riduce a 237 mila (taglio complessivo del 5,2%); uno stipendio attuale di 200 mila si riduce a 192 mila (taglio complessivo del 4%); uno stipendio attuale di 100 mila si riduce a 99.500 (taglio complessivo dello 0,5%).

Risultato? La manovra chiede a docenti, segretari, bidelli – che tirano avanti con stipendi medi netti di 1.100-1.900 euro al mese, e che magari si sono indebitati contando su maggiori entrate considerate certe – uno sforzo maggiore (in media dell’11%, con punte del 15%) di quello richiesto a chi siede ai vertici della piramide della scuola.

Ha avuto gioco facile Massimo D’Alema (Pd) nel sottolineare che “con questa manovra un bidello non può andare in pensione, mentre Berlusconi con decine di miliardi di guadagni non versa una lira“.

All’origine della disparità c’è quella franchigia dei 90 mila euro, che diventa parziale (5%) tra i 90 e il 150 mila euro di reddito, determinante nel rendere il sacrificio richiesto alla classe dirigente in proporzione inferiore a quello dei dipendenti pubblici. E nel porre un problema di equità, ammesso addirittura da un membro del Governo come il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta, secondo il quale il Parlamento potrà cambiare la manovra con “modifiche all’insegna dell’equità“, in particolare per la scuola e le pensioni. “La credibilità internazionale ne uscirebbe rafforzata e la gente capirebbe di più“, ha detto in un’intervista al Corriere della Sera.   

Si può ancora fare qualcosa per porre riparo? E’ stato lo stesso presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ad aprire uno spiraglio: la manovra potrà essere modificata in Parlamento, a condizione che non si cambino (“neppure di una virgola“) i saldi di bilancio previsti.