Sciopero/1. Quando divide

Lo sciopero generale attuato dalla Cgil nella giornata di venerdì 12 marzo 2010 segna probabilmente il punto di maggiore sofferenza nella storia dei rapporti tra le tre confederazioni Cgil, Cisl e Uil, un tempo strette in un patto di alleanza che le aveva rese un interlocutore forte e temuto dai governi e dalle controparti ai diversi tavoli negoziali.

Neanche nei momenti di maggiore compattezza, tuttavia, quando i mass media ne parlavano come della “triplice” (o perfino “trimurti”), le tre confederazioni avevano ritenuto opportuno proclamare uno sciopero generale alla vigilia di una importante consultazione elettorale. La ragione era costituita dalla convinzione, allora condivisa, che fosse necessario salvaguardare l’autonomia del sindacato, evitando il rischio di subire accuse, o anche solo sospetti, di far dipendere l’azione sindacale da logiche di tipo politico.

In questa occasione, invece, la Cgil ha ritenuto di correre il rischio, e di correrlo da sola, spezzando il già esile filo che la legava alle altre due confederazioni. E le conseguenze si sono viste subito. Non solo un esponente della “controparte”, il ministro Sacconi, ha detto che lo sciopero è stato indetto dalla Cgil con l’intenzione di influenzare il voto delle elezioni regionali del 28-29 marzo, ma anche il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, ha parlato esplicitamente di “sciopero politico”, definendo “una vergogna” il fatto che esso sia stato proclamato, per la prima volta, in un periodo di campagna elettorale.

In questo clima si è saputo che le tre confederazioni si apprestano a celebrare unitariamente il 1° maggio a Rosarno, città simbolo dell’impegno civile e sociale. Un’unità solo rituale?