Secondaria/5. Un colpo ai sindacati. Fine di un ciclo?

I sindacati della scuola, sia confederali che autonomi, tradizionalmente difensori di politiche di sviluppo che prevedessero anche espansione (o mantenimento, negli ultimi anni) degli organici, subiscono con l’entrata in vigore dei nuovi regolamenti taglia-posti un ulteriore colpo.

E infatti la protesta è corale, e riguarda non solo la scelta di riduzione degli orari (e quindi di posti), ma anche il modo e i tempi in cui viene implementata. Domenico Pantaleo, segretario della Flc-Cgil, condanna la “riduzione oraria indiscriminata nelle classi successive alle prime“, Francesco Scrima, segretario della Cisl Scuola,  parla di “inaccettabile scardinamento dei quadri orario nelle classi successive alle prime, che costringerà a non poche forzature per ridisegnare i percorsi in atto, senza alcun rispetto per le scelte a suo tempo effettuate dagli studenti e dalle famiglie“, Massimo Di Menna per la Uil scuola lamenta che “come al solito si definisca un quadro normativo scaricando sulle scuole e sul personale la gestione della novità e gli effetti dei tagli“.

Argomenti simili li utilizza anche Marco Paolo Nigi, recentemente confermato alla guida dell’autonomo Snals-Confsal, che giudica “inaccettabile la mancata previsione di una ‘vera’ fase transitoria“.  Per Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, va posto anche il problema “degli insegnanti che, a causa della riduzione dell’orario, perderanno il posto di lavoro”.

Parole e concetti non diversi da quelli dei sindacati di base come l’Unicobas (D’Errico: “cosa direbbe oggi Gentile di una ‘riforma’ che marginalizza il latino nel Liceo Scientifico?”) e i Cobas, che con il loro leader storico Bernocchi confermano lo sciopero generale per l’intera giornata del 12 marzo con manifestazione a Roma.

Ma al di là delle iniziative di protesta – e anche nell’improbabile ipotesi di una convergenza delle azioni di lotta – si ha l’impressione che si sia giunti ormai alla fine di un lungo ciclo, che dura dagli anni settanta dello scorso secolo: quello contrassegnato da una sorta di tacito patto dei sindacati con l’Amministrazione scolastica e i ministri pro tempore, fondato sullo scambio tra politiche di espansione dei livelli occupazionali e conservazione di uno stato giuridico del personale ingessato e ipergarantista. Ma lo scenario che ora si apre è completamente diverso: prevede la riduzione del personale, e l’adozione di misure di diversificazione delle carriere e delle retribuzioni legate a criteri di valorizzazione della professionalità individuale. Il sindacato dovrà tenerne conto e potrebbe trovare le risorse per una nuova stagione di rappresentanza delle esigenze di una classe docente moderna e all’altezza del ruolo che la società della conoscenza le assegna.