Prove Invalsi 2019 declassate: non più requisito di ammissione all’esame di maturità

C’è qualcosa di nuovo, anzi di antico, nel decreto milleproroghe in fase di conversione in legge in questi giorni alla Camera. Tra gli emendamenti predisposti dai relatori di maggioranza nelle Commissioni Affari Costituzionali e Bilancio ce n’è uno che riguarda le prove Invalsi 2019 in funzione dell’esame di maturità.

Per effetto del decreto legislativo 62/2017 sulla valutazione e gli esami (delegato dalla Buona scuola) è stato previsto che per l’ammissione agli esami di Stato, sia per la licenza media che per la maturità, gli studenti devono partecipare nell’ultimo anno di corso alle prove Invalsi in modalità computer based.

Si tratta di una partecipazione obbligatoria i cui esiti, però, non incidono sulle valutazioni dell’esame, ma ne costituiscono soltanto requisito di ammissione.

L’applicazione di questa procedura è già avvenuta nell’aprile scorso per gli alunni di terza media, con un notevole sforzo organizzativo per assicurare disponibilità delle apparecchiature informatiche, dei laboratori e dei necessari collegamenti telematici.

Complessivamente la sfida delle prove in modalità computer based per italiano, matematica e inglese sembra sia riuscita con successo, assicurando oggettività e immediatezza di valutazione, senza oneri di lavoro aggiuntivo a carico dei docenti.

Per il prossimo marzo – ecco la novità – le prove sono state previste a calendario con le stesse modalità e per le stesse discipline anche per gli studenti dell’ultimo anno delle superiori.

Ma l’emendamento del mille proroghe ha detto no; anzi, per essere precisi, ha detto no per il 2019 alla partecipazione come requisito di accesso alla maturità, rinviandolo all’anno dopo (forse).

Un ritorno all’antico.

Quali conseguenze per questa proroga inaspettata? Le prove si faranno ugualmente, ma non avranno valore alcuno per l’esame.

Sapendo come andrà la partecipazione degli studenti – che al quinto anno sono tutti ormai maggiorenni – potrebbe essere una partecipazione molto contenuta e forse accompagnata da resistenze e boicottaggi maggiori di quelli che si sono registrati nelle prove Invalsi del secondo anno delle superiori e sollecitati dai sindacati di base.

Il curricolo che dovrebbe essere rilasciato con il diploma rimarrebbe non espresso per mancanza dei contenuti delle prove (inglese in particolare).

Sarebbe in buona parte vanificato lo sforzo organizzativo dell’Invalsi, degli istituti scolastici nonché l’apporto degli esperti preparatori delle prove, con un costo complessivo inefficace.

C’è da chiedersi se tutto questo prepara una svolta riformatrice con ripensamento della funzione e del ruolo dell’Invalsi. Una possibile riforma di cui non c’è traccia nel contratto di Governo.