Ombre giallo-verdi sulla stabilità del governo

L’esordio del governo giallo-verde non poteva essere più tempestoso. Nessuna luna di miele per il premier Giuseppe Conte, costretto a barcamenarsi tra i suoi due sponsor, e a guardarsi soprattutto dall’attivismo a tutto campo di Matteo Salvini, che ha giocato d’anticipo ora come ministro dell’interno, sui temi dell’immigrazione e della sicurezza, ora come vicepremier, sul versante della politica economica (appena frenato dalla prudenza del ministro dell’economia Tria) e della politica estera.

L’impressione, anche se Salvini parla di governo che durerà per l’intera legislatura, è che le sue sortite continueranno almeno fino alle elezioni europee, previste per il mese di maggio 2019, con l’obiettivo di capitalizzare il consenso politico che i sondaggi attribuiscono alla sua linea marcatamente sovranista e securitaria. Il leader leghista non teme, ed anzi sembra quasi auspicare, elezioni politiche anticipate, da tenere o subito dopo o anche prima della scadenza europea, qualora per qualche motivo di politica interna o internazionale il governo in carica dovesse entrare in crisi.

In tal caso, come è stato osservato, Salvini avrebbe l’opportunità di giocare su due tavoli: quello di un centro-destra autosufficiente a trazione leghista e quello di un possibile nuovo ‘contratto’ con un M5S sempre forte anche se probabilmente ridimensionato rispetto al trionfale esito del 4 marzo 2018. Sempre che il magmatico movimento creato da Grillo e Casaleggio riesca a mantenere la sua unità e non si scomponga nelle due anime che in esso evidentemente coesistono: quella più anti-istituzionale e antieuropea, che presenta rilevanti elementi di affinità e compatibilità con la Lega salvinizzata, e quella riformista e filoeuropea che potrebbe essere interessata al dialogo con il Pd post-renziano, o con l’aggregazione ‘repubblicana’ proposta da Carlo Calenda, nella prospettiva di un rinnovato bipolarismo che riproporrebbe, in termini rinnovati, la classica dialettica destra-sinistra. Con un mondo della scuola che, anche per il tramite dei sindacati confederali, guarderebbe probabilmente con maggiore interesse a una rinnovata sinistra di governo: riformista, liberale ed europeista.

Già in una prospettiva di questo genere sembra collocarsi la decisa presa di posizione della Flc Cgil sulla vicenda della nave Aquarius, dopo il divieto opposto dal ministro Salvini all’approdo della nave nei porti italiani. Il divieto è stato commentato in modo particolarmente critico dalla Flc Cgil, che in un comunicato ufficiale del suo segretario, Francesco Sinopoli, ha parlato di “decisioni scellerate” e di “indelebile ferita” inferta alla società italiana.

Secondo il sindacalista “è stata messa in scena, da Salvini e da qualche altro suo collega, un’opera di sciacallaggio politico, al solo fine di ottenere qualche voto in più, e con espressioni da bar sport, e indegne di personalità che svolgono delicati ruoli istituzionali”.

È stato così introdotto in Italia “un elemento di forte diseducazione civile, che si alimenta dell’ideologia orbaniana della chiusura, dell’innalzamento di muri burocratici e reali, della paura del diverso. Le parole sono pietre, e mai come in questo caso quelle di Salvini lo sono diventate per le generazioni di studenti delle nostre scuole. Il messaggio che è stato inviato ai nostri ragazzi è: non abbiate paura, ci rinchiudiamo nella Fortezza Europa e non lasceremo (entrare) nessuno che abbia un colore della pelle diverso dal nostro”.

Ma ciò che Salvini non sa, prosegue Sinopoli, “è che ogni giorno migliaia di docenti nelle nostre scuole affrontano da vicino il tema dell’integrazione, s’impegnano nella didattica multiculturale, costruiscono le basi per mantenere tra gli studenti relazioni solidali e civili, così come prescrive la Costituzione e la tradizione culturale dell’Europa. I nostri docenti, le nostre scuole sono l’avamposto dell’educazione alla civiltà e al rispetto umano, per le persone, al di là del colore della pelle, della fede religiosa, della cultura di provenienza. E grazie a questa scuola di civiltà milioni di studenti italiani convivono fianco a fianco con centinaia di migliaia di studenti non italiani”.

La Flc Cgil ha aderito all’appello di Anpi, Arci, Azione cattolica, Libera e altre organizzazioni del volontariato sociale “per la riapertura immediata dei porti italiani all’arrivo di vite umane che fuggono da conflitti e disperazione”. Una presa di posizione molto netta, quella del sindacato scuola della Cgil – condivisa nella sostanza, anche se in termini meno espliciti, da Cisl e Uil – che schiera i lavoratori della scuola su posizioni di comprensione e apertura umanitaria alle ragioni di chi rischia la vita alla ricerca di un mondo migliore. E che fa riferimento a valori come quelli del dialogo interculturale, dell’integrazione, dell’inclusione, che anche nell’attuale contesto post-ideologico contraddistinguono una visione del mondo ispirata al principio di uguaglianza, che resta, per dirla con le parole di Norberto Bobbio, la “stella polare” della sinistra.