Tutto il 2017 della scuola, dalla A alla Z. Parte III

Quadriennali

(Novembre). Il 18 ottobre il Miur pubblica l’atteso decreto che contiene l’Avviso pubblico relativo all’attuazione del “Piano nazionale di innovazione ordinamentale per la sperimentazione di percorsi quadriennali di istruzione secondaria di secondo grado”.
Alle scuole interessate viene data la possibilità di presentare le proprie proposte progettuali dal 20 ottobre al 13 novembre 2017, e il Miur pubblica il 28 dicembre l’elenco delle 100 classi prime di 100 scuole statali e paritarie del secondo ciclo (licei e istituti tecnici) autorizzate ad effettuare la sperimentazione dal settembre 2018. 
Troppo poche rispetto alle aspettative sollevate, come osserva anche l’assessore all’istruzione della Regione Lombardia Valentina Aprea.
Sui percorsi quadriennali Tuttoscuola organizza una serie di webinar consultabili a questi link:
https://www.tuttoscuola.com/sul-diploma-4-anni-rivedi-la-diretta-gratuita/
https://www.tuttoscuola.com/diploma-4-anni-rivedi-la-diretta-gratuita-scarica-le-slide/

Sperimentazione coraggiosa ma… timida.

Rinnovo contratto

(Dicembre). Mentre l’anno si chiude con l’accordo del rinnovo del contratto per gli statali, le trattative per quello del comparto scuola, università e ricerca è in stallo.
La trattativa per il rinnovo contrattuale del comparto si era aperta il 9 novembre con la convocazione delle parti da parte dell’Aran, ma, a detto dei sindacati, da allora non si era fatto alcun passo in avanti.
La settimana prima di Natale i sindacati denunciano pubblicamente la fase di stallo, ribadendo la loro indisponibilità a trattare al ribasso, a partire dagli 85 euro medi mensili di aumento sullo stipendio tabellare per tutto il personale del Comparto, in coerenza con i contenuti dell’Accordo del 30 novembre 2016.
Proprio su questo punto chiedono garanzie al Governo per assicurare al comparto un aumento medio mensile di 85 euro, senza alcuna diminuzione.
Un altro punto fermo di dissenso riguarda la riconduzione al contratto di materie come l’organizzazione del lavoro, il salario accessorio, le sanzioni disciplinari, la formazione e la determinazione dei periodi di prova.
Il 2017 si chiude senza un nulla di fatto con annunci di possibile mobilitazione della categoria nelle prime settimane del 2018.
Sarà l’anno giusto?

Reggenze

(Settembre). Quando all’inizio dell’estate del 2016 era cominciata la procedura consultiva per definire il nuovo concorso per dirigenti scolastici, si sperava di concludere la selezione in tempo utile per l’inizio del 2017-18 e stabilizzare le situazioni delle istituzioni scolastiche, evitando la piaga delle reggenze.
Invece il nuovo anno scolastico è cominciato senza che vi sia nemmeno il bando del concorso, e così il numero delle reggenze ha toccato le 1.748 unità.
Si tratta di un numero destinato ad aumentare sensibilmente nel 2018-19 per effetto del ritardo del concorso per l’assunzione di nuovi dirigenti scolastici. 
Come minimo, le reggenze, secondo stime ministeriali dei posti vacanti per l’anno prossimo, potrebbero aumentare di 400 unità, toccando la cifra di circa 2.150.
Ma potrebbero, addirittura, toccare quota 2.450 se venisse confermato il trend dei pensionamenti del triennio 2013-15 (circa 700 in media all’anno).
Come si sa, la reggenza mette a mezzo servizio sia l’istituzione scolastica priva di titolare sia quella del dirigente titolare. Se a mezzo servizio vi sono, quindi, attualmente 3.500 istituzioni scolastiche, l’anno prossimo potrebbero essercene fino a 4.900 su un totale di 8.220, ben oltre la metà.
In tempi, come questi attuali, dove innovazioni e riforme, indotte soprattutto dalla legge 107/2015 della Buona Scuola e dagli otto decreti legislativi delegati, stanno impegnando e coinvolgimento le scuole per il cambiamento, le reggenze sono un oggettivo preoccupante ostacolo al cambiamento.
Un’emergenza destinata a raggiungere livelli patologici.
Autolesionismo.

Soft skills

(Febbraio). Si parla sempre di più di soft skills, tra le più ricercate oggi in ambito lavorativo. Si tratta di competenze trasversali che è necessario possedere per affrontare con successo il mondo del lavoro e che, proprio per questo motivo, occupano uno spazio rilevante nei progetti di Alternanza Scuola-Lavoro. Le soft skills sviluppano doti come la creatività e l’equilibrio, fattori fondamentali in ambito lavorativo perché accrescono la capacità di lavorare in gruppo e di cooperare per il raggiungimento degli obiettivi. Un altro aspetto determinante è la capacità di prendere decisioni e di negoziare, che migliora grazie allo sviluppo di flessibilità, ascolto empatico e distacco razionale.
Le competenze orientate alla realizzazione di sé, invece, riguardano soprattutto la capacità di valutazione, da cui derivano la selezione, la corretta gestione e la valorizzazione delle informazioni. 
Ma finora la nostra scuola non ha rivolto una particolare attenzione alle competenze trasversali degli studenti, privilegiando le competenze conoscitive legate alle singole discipline. 
Per questo la partnership formata da Tuttoscuola e CivicaMente decide di dedicare ampio spazio alla tematica delle soft skills sviluppando sul portale TuttoAlternanza.it una serie di programmi ad esse dedicati, realizzati anche con l’apporto di docenti e ricercatori dell’università telematica IUL (Italian University Line) promossa da Indire e Università degli studi di Firenze. 
Fondamentali.

Smart working

(Maggio). L’Italia ha una legge sullo smart working. 
La legge “promuove il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”; questo “allo scopo di incrementare la competitività e  agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”. “La prestazione lavorativa viene eseguita in parte all’interno di locali aziendali e, senza una postazione fissa, in parte all’esterno – specifica ancora l’articolato – entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”. Con questa definizione si è specificata la diversità con il telelavoro. Le norme sono applicabili anche alla Pubblica Amministrazione.
Il lavoro agile è protagonista di un vero e proprio boom. Secondo l‘Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, sono più di 250mila, nel solo lavoro subordinato, i lavoratori che godono di discrezionalità nella definizione delle modalità di lavoro in termini di luogo, orario e strumenti utilizzati, e rappresentano circa il 7% del totale di impiegati, quadri e dirigenti. 
Dal momento che la maggior parte degli studenti di oggi lavoreranno nel corso della loro carriera con questa modalità, Tuttoalternanza.it propone un percorso di giornalismo in Smart working, fruibile da qualsiasi angolo del paese.
Le nuove norme potrebbero contribuire a superare gli ostacoli di natura culturale alla diffusione dello smart working come leva per una nuova organizzazione del lavoro. Forse anche nella scuola.
Futuro che è già presente.

Tempo pieno (scuola Primaria)

(Settembre). Confermando la tendenza degli anni precedenti, il tempo pieno nella scuola primaria registra un sensibile aumento del numero di alunni iscritti e di classi attivate.
Nel 2009-10 si avvalevano del tempo pieno nella scuola primaria statale 734.459 alunni, il 28,5% dell’intera popolazione scolastica del settore, e funzionavano con quel modello organizzativo 36.493 classi, il 26,9% di tutte quelle funzionanti quell’anno nella primaria.
Sette anni dopo, nel 2016-17, gli alunni a tempo pieno hanno sfiorato le 900 mila unità (899.378), pari al 35% dell’intera popolazione scolastica del settore.
L’incremento ha interessato tutte le regioni  e, in termini assoluti, è stato di 165 mila unità, con un aumento percentuale di quasi un punto all’anno.
La Lombardia, con oltre la metà di alunni a tempo pieno, si conferma anche come prima regione con il più alto numero di alunni (quasi 221 mila a tempo pieno e un incremento di oltre 23 mila unità nel settennio). 
Superano la metà di iscritti al tempo pieno il Lazio e la Toscana.
Parallelamente all’aumento del numero di alunni, nel settennio si è registrato un proporzionale aumento del numero delle classi organizzate a tempo pieno, passate dal 26,9% al 33,4% di tutte quelle funzionanti.
Un dato di indubbio rilievo è quello dell’incremento di alunni e di classi a tempo pieno nelle regioni del Sud, dove la presenza di alunni ha subito un sensibile incremento passando dall’8,9% del 2009-10 al 16,1% del 2016-17: più di 7 punti in percentuale.
Il percorso di crescita del tempo pieno è di tutta evidenza e merita un sostegno, soprattutto nelle regioni meridionali. Occorre il coraggio di avviare una compensazione di organico tra tempo prolungato della scuola secondaria di I grado e tempo pieno della primaria, considerata la crisi irreversibile del modello di tempo scuola della scuola media.Una formula che avvicina famiglie e scuola.

Testo unico 

(Gennaio). La revisione del Testo Unico sulle norme dell’istruzione (decreto legislativo 297/1994) era compresa tra le nove deleghe di riforma e innovazione previste dalla Buona Scuola. Negli ultimi vent’anni sono state numerose le norme che hanno modificato, integrato o abrogato quelle precedenti incluse nel Testo Unico: da qui l’esigenza imprescindibile di provvedere alla sua revisione.
Infatti l’accavallarsi di norme nuove, di norme abrogate e di disposizioni integrate in modo parziale o minimo, rende oggi poco funzionale e trasparente il riferimento ad un Testo Unico citato in tutte le premesse dei decreti amministrativi, ma ormai diventato di difficile lettura e utilizzo. 
Ma, unica tra le norme delegate, quella revisione non è stata prevista, rinviandone l’attuazione sine die.
Un’occasione perduta da recuperare presto.
Occasione perduta da recuperare presto.

Uscita da scuola

(Ottobre). Una sentenza venuta da lontano (i fatti accaduti erano di tanti anni prima) ripropone il problema della vigilanza sugli alunni e la connessa responsabilità del personale scolastico.
Nello specifico la responsabilità in vigilando riguarda gli alunni già usciti da scuola nei confronti dei quali, se di età inferiore ai 14 anni vi è l’obbligo di accompagnamento.
Mentre in tutta Italia si genera lo scompiglio tra genitori e scuole per il rischio che la sentenza determini rigide regole sugli alunni non accompagnati all’uscita da scuola, prontamente, per iniziativa dell’on. Malpezzi del PD, viene proposto un emendamento al DL fiscale in via di approvazione che libera da ogni responsabilità il personale scolastico grazie ad una liberatoria dei genitori di alunni che rientrano a casa non accompagnati. 
Considerato che l’età inferiore ai 14 anni non pone limiti nei confronti anche di alunni di scuola primaria, restano alcune perplessità applicative sulla nuova norma.
Norma che, comunque, ha evitato il rischio di conflitti tra scuola e famiglia.
Tema spinoso.

Uso didattico degli smartphone

(Settembre). In un’intervista rilasciata a Corrado Zunino di Repubblica la ministra Valeria Fedeli prende posizione in modo netto e innovativo sulla questione degli smartphone in classe: “Se lasci un ragazzo solo con un tablet in mano è probabile che non impari nulla, che si imbatta in fake news e scopra il cyberbullismo. Ma se guidato da un insegnante preparato, e da genitori consapevoli, quel ragazzo può imparare cose importanti attraverso un media che gli è familiare”. Un’apposita commissione, già al lavoro, si appresta a predisporre un documento di indirizzo in forma di Linee guida per l’uso didattico degli smartphone.
Si è verificato così, nel giro di 10 anni, un ribaltamento totale della scomunica dei ‘cellulari’ (antenati degli attuali smartphone) decretata dall’allora ministro Giuseppe Fioroni, che nella circolare del 15 marzo 2007 aveva affermato che “l’uso del cellulare e di altri dispositivi elettronici rappresenta un elemento di distrazione sia per chi lo usa che per i compagni, oltre che una grave mancanza di rispetto per il docente configurando, pertanto, un’infrazione disciplinare”.
Parole pesanti e definitive, che forse l’ex ministro non ripeterebbe oggi, visto che i tablet sono di fatto già stati ampiamente legittimati come strumenti di supporto alla didattica, e che gli smartphone di ultima generazione consentono di fare praticamente quasi le stesse cose.
Sul fronte del rifiuto si attesta invece il Codacons, che parla di un “provvedimento pericolosissimo, che rischia di portare i ragazzi alla perdita della capacità di pensare, leggere e scrivere in modo indipendente dai telefonini”, e anche a “pericoli per la salute”, che dovrebbero indurre gli insegnanti a “rifiutare categoricamente l’uso dei cellulari nelle scuole”, come li invita a fare il presidente Carlo Rienzi.  
Una resistenza da ultimo soldato giapponese?

Vaccini

(Agosto). Una nuova legge introduce l’obbligo vaccinale anche per fronteggiare la ripresa di diffusione di talune malattie che si ritenevano debellate.
Nasce parallelamente un movimento noVax, mentre la Regione Veneto si defila, rivendicando autonoma determinazione in materia e svincolandosi dall’obbligo.
Le nuove disposizioni riguardano i minori fino a 16 anni di età.
I genitori dei bambini frequentanti i servizi per l’infanzia (nidi e scuole) devono documentare l’assolvimento dell’obbligo vaccinale entro l’11 settembre, pena l’esclusione dal servizio. Si registrano episodi di contrasto e polemiche, soprattutto per le difficoltà di reperire in tempo utile la documentazione o di sottoporsi per tempo alla prescritta vaccinazione.
Per i genitori degli alunni che frequentano scuole dell’obbligo la documentazione deve essere presentata entro il 31 ottobre.
I ministeri della Salute e dell’Istruzione consentono la regolarizzazione entro il 20 marzo.
Le segreterie delle scuole vengono oberate da nuovi adempimenti di controllo e registrazione in un momento delicato dell’anno scolastico.
Il decreto fiscale rimette alle ASL l’impegno di produrre la documentazione, liberando famiglie e scuole dall’onere burocratico. 
Forza maggiore.

Webinar

(Da gennaio a dicembre). Grande successo dei webinar di Tuttoscuola, lo strumento video che in diretta illustra e approfondisce le principali tematiche del momento sul mondo della scuola.
Esperti e specialisti presentano nell’arco di un’ora e mezzo o due gli argomenti del giorno, li approfondiscono e orientano i video-ascoltatori verso nuove esperienze formative. Rispondono a quesiti, suggeriscono percorsi di ricerca e linee operative, avvalendosi anche di slides.
Nel corso del 2017 Tuttoscuola ha organizzato ben 123 webinar (uno ogni tre giorni) relativi a questi argomenti: alternanza scuola-lavoro, concorso DS, metodologia delle didattiche innovative (CLIL, Service Learning, didattica laboratoriale, scuola finlandese, normativa scolastica, le nuove prove Invalsi, esami di scuola media e di maturità, didattica per competenze, strategie didattiche inclusive.
Complessivamente hanno seguito i webinar di Tuttoscuola in diretta o in replica registrata circa  17 mila persone (16.748).
Considerati il successo conseguito e la efficacia dello strumento, per il 2018 Tuttoscuola ha già programmato un’ulteriore serie di webinar aperti a tutti gli operatori del mondo della scuola.
È possibile rivedere gratuitamente il ciclo autunno-inverno dei webinar di Tuttoscuola qui https://www.tuttoscuola.com/webinar-tuttoscuola-calendario-prossimi-appuntamenti-non-perderne-nemmeno-uno/.

Zero-sei  

(Novembre). Ai primi di novembre il Miur provvede a ripartire tra le Regioni, sulla base dell’accordo raggiunto in Conferenza Unificata, il fondo previsto dalla legge 107/2015 (Buona Scuola) a sostegno degli interventi degli Enti locali per la “istituzione del sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita fino ai sei anni” di cui al comma 181, punto e.
Operazione conclusa con notevole ritardo, dato che le risorse ripartite tra le Regioni riguardano l’anno 2017 che sta per finire. Il criterio di ripartizione dei 209 milioni (che diventeranno 239 a regime) ha tenuto conto della popolazione di età 0-6 anni (40%), della percentuale di iscritti ai servizi educativi al 31 dicembre 2015 (50%) e della popolazione di età 3-6 anni non iscritta alla scuola dell’infanzia statale, “in modo da garantire un accesso maggiore”, come sottolinea il comunicato del Miur. Le tre voci utilizzate sono quelle previste dal decreto legislativo 65 del 2017 che ha introdotto il nuovo sistema integrato 0-6 anni. 
Forse il 10% è troppo poco per colmare ritardi e lacune, soprattutto nelle Regioni del Sud, ma “sarà la stessa Conferenza Unificata, tenendo conto dei parametri di legge, a lavorare ad un diverso bilanciamento, nel caso in cui lo ritenesse opportuno”, tiene a precisare la Ministra Valeria Fedeli, che peraltro fa anche presente che i “dati demografici, in questo momento storico, vedono una maggiore presenza di bambine e bambini al Nord”.
Dall’efficacia di questi interventi nella fascia 0-6, ma ancor più in quella 0-3, come dimostra una vasta letteratura internazionale sulla early childhood education, dipenderà in buona parte il futuro del sistema scolastico italiano dal punto di vista della sua qualità e soprattutto della sua equità sociale.
Punto strategico.

Zuckerberg

(Giugno). Il settimanale online americano Education Week dà notizia dell’accordo raggiunto tra due big delle nuove tecnologie, entrambi titolari di organizzazioni filantropiche impegnate in campo educativo, per finanziare la ricerca di nuovi modelli di personalizzazione dei curricula individuali.
Si tratta della Bill & Melinda Gates Foundation, presieduta dal fondatore di Microsoft Bill Gates, e della Chan Zuckerberg Initiative (CZI), la società che cura le attività filantropiche (e anche altri tipi di investimenti for profit, a differenza della Fondazione di Gates) del fondatore di Facebook Mark Zuckerberg e di sua moglie, la pediatra Priscilla Chan.
Le due organizzazioni hanno deciso di investire 12 milioni di dollari per questo progetto congiunto di cui non si sa molto quanto ai concreti programmi di attività ma che sarà affidato operativamente alla società ‘New Profit’ di Boston, una organizzazione di ‘venture philanthropy’ specializzata nella gestione delle iniziative filantropiche. 
New Profit a sua volta assegnerà 1 milione di dollari, e darà completa consulenza manageriale, a 7 organizzazioni che svilupperanno le attività di ricerca sull’apprendimento personalizzato. L’obiettivo, condiviso da Gates e Zuckerberg, è quello di migliorare i risultati (outcomes) di tutti gli studenti, anche di quelli più a rischio di esclusione.
L’interesse di Gates per questa problematica risale nel tempo (la stessa Education Week dichiara di aver ricevuto in passato fondi dalla Gates Foundation, fondata nel 2000, per una campagna di informazione e sensibilizzazione sull’educazione personalizzata). L’interesse di Zuckerberg è più recente: la sua CZI è stata fondata solo due anni fa, nel 2015, ma con obiettivi molto precisi, tra i quali proprio quello di produrre “un software che comprenda in che modo ciascuno apprende meglio”. 
Non sarà il caso di prepararsi?

Leggi le altre parti del 2017 della scuola
Tutto il 2017 della scuola dalla A alla Z, parte I
Tutto il 2017 della scuola dalla A alla Z, parte II