1650 euro per salvare gli alunni disabili dal carosello dei docenti di sostegno

Dossier “Mobilità docenti di sostegno 2017: lo tsunami che colpisce gli alunni disabili/6

La prima parte del dossier di Tuttoscuola ha creato scalpore, anche a seguito dell’evidenza data alla nostra inchiesta dal Corriere della Sera nel servizio di oggi apertura di del quotidiano. I numeri sono allarmanti: se oltre 2 milioni e mezzo di alunni (il 33% dell’intera popolazione scolastica) si trovano quest’anno con almeno un insegnante nuovo in classe, è andata ancora peggio agli alunni con disabilità, perché – secondo i calcoli del dossier di Tuttoscuola – almeno 100 mila di loro (il 43% dei 233 mila alunni disabili presenti quest’anno nelle classi di ogni ordine di scuola) hanno cambiato il docente di sostegno. Eppure un modo – anzi due – per ridimensionare il problema ci sarebbe. Tuttoscuola propone nuove regole per la mobilità e la stabilizzazione dei posti di sostegno in deroga.  Quanto costerebbero? Una spesa per le Casse dello Stato di circa 1650 euro per alunno disabile permetterebbe la stabilizzazione dei posti di sostegno.  Solo il 7% di quanto già si spende, ma il risultato sarebbe del tutto diverso.

I conti sono questi.  Tuttoscuola ha calcolato che il maggior costo per stabilizzare i 41mila posti in deroga al secondo anno di stabilizzazione ammonterebbe a 385 milioni di euro. Se dividiamo la somma per 233mila, il numero degli alunni disabili, il costo per studente sarebbe appunto di 1652 euro.

Il carosello dei docenti è l’effetto della mobilità dei docenti di ruolo che si incrocia con le nomine dei supplenti annuali sugli studenti con disabilità. Lo abbiamo già spiegato nel nostro dossier “Mobilità 2017 – Il grande caos, atto secondo: e agli studenti chi ci pensa?“: la “scuola mobile” è dovuta a due fenomeni. Da un lato abbiamo la possibilità offerta ai docenti di ruolo di richiedere il trasferimento a prescindere dalla compatibilità con le esigenze anche qualitative del servizio offerto agli studenti; dall’altro lo spropositato utilizzo che lo Stato fa di contratti a tempo determinato (circa 100mila supplenti annuali, quasi il 13% dei posti, tra i quali ben 41mila impegnati nel sostegno ai disabili). Un utilizzo che si ripete stabilmente ogni anno: la catena di contratti a tempo determinato che si chiudono e si riaprono settimane o mesi dopo alimenta complicati meccanismi di graduatorie e di assegnazione su decine di migliaia di sedi di servizio contribuendo non poco a generare il marasma organizzativo che caratterizza la scuola italiana. Detta in parole povere: una regolamentazione dei trasferimenti compatibile con le esigenze del servizio e la stabilizzazione dei posti effettivamente utilizzati nel tempo porterebbero a livelli fisiologici la mobilità dei docenti, con un enorme salto di qualità nel servizio di istruzione offerto dalla scuola alle famiglie.

La proposta di Tuttoscuola. Rimedio 1: la stabilizzazione dei posti in deroga

Mentre i posti di sostegno stabili sono in una quantità definita (ci vuole una nuova legge per farli aumentare), quelli in deroga aumentano di fatto ogni anno in ragione dell’aumento di alunni con disabilità.

La ratio della “deroga” può essere spiegata solo per il rispetto di un vincolo economico: si frenano le assunzioni a tempo indeterminato, si risparmiano gli oneri retributivi e contributivi per i due mesi in cui le scuole sono chiuse (sono sempre 2/12mi del costo…). Criteri per così dire di prudenzialità economica nell’ambito della spesa pubblica, sui quali vigila severamente (e acriticamente) il Ministero dell’economia, ai quali il Ministero dell’istruzione deve conformarsi.

Criteri che potrebbero funzionare se il numero di posti di sostegno stabili (di ruolo) fosse adattato tempestivamente all’effettivo fabbisogno, a sua volta commisurato al numero di alunni con disabilità. Ma avviene così? Nient’affatto.

Il numero di posti stabili si è sempre collocato tra il 55% e l’80% del fabbisogno di docenti di sostegno (cioè il numero di insegnanti di sostegno che occorrono per garantire un insegnante specializzato almeno ogni due alunni con disabilità). Ad esempio è dal 2006-07 che il fabbisogno è superiore a 80 mila insegnanti di sostegno, ma solo nel 2014-15 si è raggiunto quel numero di posti di ruolo: peccato che nel frattempo il fabbisogno è schizzato quell’anno a 118 mila, e nel 2016-17 è arrivato a 137.501.

Infatti di anno in anno il numero di studenti disabili aumenta (+106% negli ultimi vent’anni), e con esso il numero dei docenti di sostegno precari: 10 mila nel 99-00 (17% del totale docenti di sostegno), 30mila nel 2004-05 (38%), 40 mila nel 2007-08 (45%!), 41.021 nel 2016-17 (29,8%). Che “deroga” è un fenomeno che da decenni riguarda una fetta così larga del corpo degli insegnanti di sostegno? Una contraddizione in termini. Eppure ancora oggi dunque quasi un insegnante di sostegno su 3 è “in deroga”, cioè precario per scelta (dello Stato), non per necessità. E quindi, tornando al tema della mancata continuità didattica, “ruota” ogni anno. Ecco spiegato perché proprio nel comparto dei docenti di sostegno c’è una rotazione molto superiore, aggravata dal fatto che quando si tratta di inserire un nuovo docente precario si scatena quel meccanismo burocratico infernale che porta spesso all’alternarsi nei primi mesi di scuola di più supplenti sulla stessa cattedra. Proviamo a spiegarlo ancora meglio.

Se all’inizio del nuovo anno scolastico il posto di sostegno non è ancora coperto da un titolare di ruolo oppure questi se ne è andato all’ultimo momento in assegnazione provvisoria altrove (capita anche per i posti comuni, cioè non di sostegno), occorre coprire quel posto con un supplente annuale nominato dall’Ufficio scolastico provinciale (ex-provveditorato agli studi) che, però, non arriverà quasi mai immediatamente. Il dirigente scolastico nomina allora provvisoriamente dalla graduatoria d’istituto un supplente, in attesa che arrivi il supplente annuale. Ma capita spesso che quel supplente nominato temporaneamente dal dirigente venga a sua volta chiamato altrove dall’Ufficio scolastico provinciale per una supplenza annuale, costringendo il dirigente a ricominciare da capo nominando un altro supplente.

Questo effetto di domino perverso, il “carosello di docenti” come viene chiamato, continua anche fino a novembre o, talvolta, a dicembre.

Alla fine, se in graduatoria non ci sono più docenti specializzati, può capitare che il dirigente sia costretto a nominare un supplente non specializzato.

Per l’alunno disabile, il cui diritto allo studio dipende soprattutto dal docente di sostegno, la continuità didattica, non solo quella per tutto il ciclo scolastico, ma neppure quella all’interno del singolo anno scolastico, diventa un sogno

Chi paga? Gli alunni disabili prima di tutto, poi le loro famiglie, poi i docenti sballottati di anno in anno nella provincia di titolarità.

Una riflessione amara: lo Stato che ha prodotto prima di ogni altro una legislazione avanzatissima in termini di opportunità educative per i bambini e i giovani con disabilità (la legge n. 517 del 1977 che soppresse le classi differenziali puntando sull’integrazione, ispirata dai lavori della commissione parlamentare presieduta da Franca Falcucci, è stata rivoluzionaria), è lo stesso che a causa di rigidità, cavillosità e lentezze normative (dalla produzione delle leggi alla normativa secondaria e amministrativa) determina disservizi e nonostante le rilevanti risorse economiche investite.

Del resto è lo stesso Stato che può vantare la Costituzione “più bella del mondo” in termini di principi, ma anche i massimi livelli di inefficienza per la inestricabile selva giuridica, per la burocrazia che ingessa tutto, che oltre a tutto alzano il livello di conflittualità sociale e contenzioso. Contraddizioni del Belpaese.

Quanto costerebbe stabilizzare l’organico in deroga. Una scelta di civiltà

Errare è umano, perseverare diabolico. Lo è anche non mettere mano a misure relativamente semplici da attuare, tutto sommato sostenibili economicamente, che ridurrebbero di molto la confusione organizzativa che abbiamo descritto. Parliamo della stabilizzazione della maggior parte dei posti “in deroga” (da anni e anni). Quanto costerebbe?

Attualmente il costo complessivo per la retribuzione di tutti i docenti di sostegno supera i 5 miliardi, comprensivi degli oneri riflessi per i contributi a carico dello Stato.

Il costo annuo per i 96.480 docenti di sostegno con contratto a tempo indeterminato è di 3 miliardi e 926 milioni, mentre quello dei 41.021 docenti con contratto a tempo determinato sui posti in deroga è di 1 miliardo e 138 milioni.

Quale sarebbe il costo per stabilizzare tutti quei 41 mila posti in deroga e assicurare, quindi, una condizione di stabilità del rapporto con gli alunni disabili?

I calcoli condotti da Tuttoscuola si basano sugli attuali importi retributivi definiti dal CCNL dei docenti statali, senza considerare i possibili incrementi stipendiali ipotizzati, in linea di massima, per il rinnovo del contratto di lavoro.

Nel primo anno di applicazione, con la retribuzione al livello iniziale, il costo passerebbe dal quel miliardo e 138 milioni a 1 miliardo e 365 milioni, con un maggior aggravio per le casse dello Stato di 227 milioni. Negli anni successivi, per effetto dello sviluppo di carriera per il riconoscimento dell’anzianità pre-ruolo, il costo annuale subirebbe un ulteriore incremento di 158 milioni, portando il costo complessivo per quei 41 mila docenti oggi in deroga a 1 miliardo e 523 milioni: +385 milioni di euro l’anno, vale a dire il 7,6% della spesa annuale per il personale di sostegno.

Non poco, ma se si tratta di assicurare veramente il diritto allo studio per quei 100 mila bambini e ragazzi disabili che lo vedono pregiudicato dal continuo cambio di docente, sembra un investimento anche moralmente doveroso. Una scelta di civiltà. E anche peraltro di efficienza del tasso di ritorno dell’investimento economico: spendiamo 5 miliardi per ottenere il risultato di confusione che abbiamo descritto; arriviamo a spendere 5,4 miliardi, se con ciò si può ridurre di molto quel rovinoso marasma organizzativo, visto che qui si gioca sulla pelle degli alunni più deboli. Per dirla con un proverbio di saggezza popolare: abbiamo fatto 30, facciamo 31…

In attesa di prendere questa decisione, magari nella prossima legge di stabilità (ed eventualmente mediante un piano pluriennale), si cominci a trasformare da subito l’incarico per i docenti a tempo determinato da annuale a triennale (o almeno fino alla fine del ciclo dell’alunno, se precedente), con obbligo di permanenza nella sede

Tasso di precarietà dei posti di sostegno

Area

1997/98

2002/03

2007/08

2012/13

2016/17

Nord Ovest

41,1%

38,6%

51,9%

48,0%

31,7%

Nord Est

40,3%

35,9%

52,7%

49,1%

20,3%

Centro

35,6%

29,0%

45,5%

41,4%

31,0%

Sud

42,9%

30,0%

34,9%

25,6%

30,2%

Isole

42,2%

39,2%

46,9%

28,5%

32,5%

Italia

40,9%

34,0%

44,9%

37,5%

29,8%

Elaborazione Tuttoscuola su dati Miur

   

La proposta di Tuttoscuola. Rimedio 2: nuove regole per la mobilità dei docenti di sostegno. Da quando?

In queste ore si sta definendo l’accordo sulla mobilità 2017-18, sulla base dell’intesa di massima definita il 29 dicembre scorso. È comunque improbabile che venga posta attenzione alla continuità didattica che, pur essendo riconosciuta dalla ministra dell’istruzione Fedeli come obiettivo prioritario della legge 107/15, non sarà oggetto di trattazione per i nuovi trasferimenti dei docenti, compresi quelli relativi ai posti di sostegno per gli alunni con disabilità.

Proprio per i docenti di sostegno vi è una norma generale che ne prevede l’obbligo quinquennale, ma non si tratta di un vincolo a difesa della continuità didattica, perché non lega il docente ai suoi alunni.

L’ultimo CCNI (contratto integrativo nazionale) sulla mobilità 2017 prevedeva: “I docenti di sostegno sono soggetti all’obbligatoria permanenza quinquennale nella tipologia di posto di titolarità.  Il vincolo quinquennale non impedisce, comunque, ai docenti interessati, la mobilità nell’ambito del sostegno agli alunni con disabilità. In tale ambito, pertanto, i predetti docenti possono richiedere, anche durante il quinquennio, il trasferimento e/o il passaggio di cattedra ed il passaggio di ruolo”.

Il vincolo quinquennale non è sul posto con l’alunno, bensì sulla tipologia di posto. Per cinque anni ci si può muovere su e giù per l’Italia alla ricerca di una sede più comoda, purché sia su posto di sostegno. La continuità sull’alunno disabile? Un optional.

Su questo è intervenuta la legge sulla Buona Scuola (comma 181, punto 3). Una delle deleghe che hanno avuto il via libera al Consiglio dei ministri del 14 gennaio prevede “la revisione dei criteri di inserimento nei ruoli per il sostegno didattico, al fine di garantire la continuità del diritto allo studio degli alunni con disabilità, in modo da rendere possibile allo studente di fruire dello stesso insegnante di sostegno per l’intero ordine o grado di istruzione”.

Ma difficilmente l’accordo sindacale in corso vorrà anticipare quella piccola rivoluzione della continuità sul sostegno. Prima i docenti, poi, se e quando la delega diventerà norma vincolante, ci sarà spazio per gli alunni? Magari sindacati e ministero dell’istruzione decideranno di sorprendere il mondo della scuola. Almeno 233 mila famiglie con figli disabili a scuola attendono interessate, ma probabilmente senza illudersi.

Leggi le altre parti del dossier di Tuttoscuola “Mobilità insegnanti di sostegno: lo tsunami che colpisce gli alunni disabili”
Mobilità insegnanti di sostegno: lo tsunami che colpisce gli alunni disabili
La mobilità selvaggia sui posti di sostegno, i numeri dello scandalo
2017: i docenti di sostegno precari saliranno, la discontinuità didattica pure

Le storie
Tre insegnanti in tre mesi: l’odissea dei bambini di Palestrina
– Le conseguenze dell’assegnazione provvisoria: insegnanti non specializzati e continui cambi