150°/2. Niente porto d’armi per i padri degli alunni che evadono l’obbligo

La legge Casati che aveva introdotto l’obbligo scolastico a carico dei bambini con età compiuta di  sei anni, annunciando punizioni a norma delle legge penali nei confronti dei negligenti che si astenevano dal mandare a scuola i lori figli, non aveva però fatto seguire alcuna disposizione punitiva per i genitori evasori.

Soltanto sedici anni dopo, la legge Coppino rimediava all’inconveniente, precisano ammende e pene nei confronti dei genitori i cui figli non frequentavano la scuola.

Prima di tutto c’era il richiamo con ammonizione verso i genitori “se non abbiano adempiuto spontaneamente la prescrizione della presente legge saranno ammoniti dal sindaco ed eccitati a compierle”. Ma se il richiamo non funzionava o, addirittura, il genitore nemmeno si presentava davanti all’autorità scolastica (in quel caso il sindaco), scattavano le ammende “Se non compariscano all’ufficio municipale, o non giustifichino coll’istruzione procacciata diversamente, con motivi di salute o con altri impedimenti gravi, l’assenza dei fanciulli dalla scuola pubblica, o non ve li presentino entro una settimana dall’ammonizione, incorreranno nella pena dell’ammenda stabilita nel successivo articolo 4”.

Se anche la minaccia di ammende non funzionava, la legge prevedeva, come extrema ratio, che “Le persone… fino a che dura l’inosservanza dell’obbligo loro imposto dalla presente legge, non potranno ottenere sussidi o stipendi, né sui bilanci dei comuni, né su quelli delle provincie e dello Stato, eccezione fatta soltanto per quanto ha riguardato all’assistenza sanitaria, né potranno ottenere il porto d’armi.

In tempi in cui la caccia non era uno sport ma un’occasione per le classi più povere per sbarcare meglio il lunario, il rischio di perdere, oltre a sussidi assistenziali, anche il porto d’armi, poteva costituire un serio deterrente.