150°/1. Un obbligo scolastico lungo un secolo e mezzo

Il 17 marzo 1861, al momento della nascita dello Stato unitario, la popolazione dell’Italia registrava un tasso di analfabetismo vicino al 78%, mentre in quel periodo nei Paesi del Nord Europa era intorno al 10%, in Germania, Stati Uniti e Svizzera era circa al 20%, in Francia sul 47%.

Insieme all’unità del Paese, dopo aver fatto l’Italia, partiva anche l’obbligo scolastico per “fare gli italiani”; un obbligo introdotto dalla legge Casati, con l’obiettivo di abbattere il pesante tasso di analfabetismo che, però, 40 anni dopo, non era ancora sceso al di sotto del 50%.

Le scuole e i maestri erano comunali (soltanto nel 1911, a mezzo secolo dall’unità, vennero statalizzati). La scuola elementare aveva la durata di quattro anni: nei primi due erano previsti “l’insegnamento religioso, la lettura, la scrittura, l’aritmetica elementare, la lingua italiana, nozioni elementari sul sistema metrico”; nei due anni successivi, oltre alle materie di studio del grado inferiore erano previste “le regole della composizione, la calligrafia, la tenuta dei libri, la geografia elementare, l’esposizione dei fatti più notevoli della storia nazionale, le cognizioni di scienze fisiche e naturali applicabili principalmente agli usi ordinarii della vita”.

Oltre all’obbligo scolastico, l’Italia registrava per la prima volta anche la gratuità dell’istruzione.  

Insieme all’obbligo, la legge Casati introdusse le pene (molto virtuali) con una formula che, nel testo burocratico dell’epoca, fa piuttosto sorridere “Coloro che avendo comodo di adempire quest’obbligo pel mezzo delle Scuole comunali, si asterranno dal mandarvi i figli senza provvedere effettivamente in altra guisa all’istruzione loro, saranno esortati dal rispettivo Sindaco ad inviarli a queste Scuole, e quando senza legittimo motivo persistano nella loro negligenza saranno puniti a norma delle Leggi penali dello Stato.