Prime condanne dei furbetti della 104 ad Agrigento

Ne ha dato notizia la Flc-Cgil agrigentina che si era anche costituita parte civile nel processo contri i furbetti della 104: sono state emesse nei giorni scorsi le prime sentenze di condanna a seguito del processo avviato ad Agrigento per far luce su un vasto giro di false certificazioni di invalidità del personale scolastico.

Secondo l’accusa, la certificazione era stata ottenuta da numerosi docenti e lavoratori ATA con la complicità di medici e funzionari, al fine di essere trasferiti nella propria provincia di residenza abusando dei benefici prevista dalla legge 104/1992.

Come si ricorderà, i fatti di Agrigento avevano destato scalpore, al punto che l’allora sottosegretario al Miur, Davide Faraone, aveva avviato una rilevazione nazionale per conoscere l’entità dell’applicazione della legge 104 sull’utilizzo, in particolare, delle norme per l’assistenza a familiari disabili e della fruizione della tutela per le persone con disabilità. Rilevazione a cui, però, non aveva fatto seguito alcuna iniziativa di contrasto all’utilizzo fraudolento delle norme.

Ad Agrigento il Tribunale ha condannato le prime 9 persone coinvolte nelle indagini che hanno scelto il giudizio abbreviato o il patteggiamento mentre altre 48 sono state rinviate a giudizio.

Gli imputati, oltre alle pene di legge, sono stati condannati anche al risarcimento del danno da liquidare in sede civile, e al rimborso delle spese legali.

Nel comunicato stampa del Segretario Generale della FLC CGIL di Agrigento si afferma che “la prima sentenza del tribunale di Agrigento, contro i cosiddetti furbetti della legge 104, ci soddisfa non tanto per le condanne ma per aver stabilito una volta per tutte la  certezza che nessuno può abusare di una legge di civiltà riconosciuta a chi ha veramente bisogno di assistenza perché in grave stato di salute. Il principio fondamentale della legge, a tutela dei più bisognosi, trova il suo fondamento nella sua corretta applicazione e non sugli abusi di chi ha falsificato il proprio stato di salute a dispetto di chi purtroppo il diritto lo aveva”.