La legge Casati compie 150 anni

Nelle celebrazioni dell’Unità d’Italia merita, forse, un piccolo posto anche una lontana legge che ha contribuito, pur nelle difficoltà applicative, a unificare la cultura e la lingua degli Italiani. La legge Casati, meglio conosciuta come la norma che introdotto l’obbligo scolastico nella neonata Italia unita del 1861 ha compiuto anch’essa 150 anni.

A dire il vero era stata approvata nel Regno sabaudo un anno e mezzo prima dell’unità, ma subito dopo la proclamazione dell’Italia unita era stata adottata come una delle leggi principali del neo-stato appena costituito.

Anche se quella norma sull’obbligo era di primaria importanza, perché, come si sa, contribuì a cambiare l’Italia e gli Italiani, la legge Casati merita di essere ricordata per un’altra ragione. Infatti, come la legge Gentile di 65 anni dopo, la Casati aveva tutte le caratteristiche di una norma sistemica, di carattere strutturale.

Strutturava il sistema in quattro segmenti fondamentali: l’istruzione superiore, l’istruzione secondaria classica, l’istruzione tecnica e l’istruzione elementare.

L’istruzione superiore era costituita dalle Università e Accademie in numero di sei in tutto, di cui una nella Savoia destinata ad entrare pochi anni dopo sotto la Francia. Di questo livello primario di istruzione la legge definiva le facoltà e gli insegnamenti, oltre all’intera struttura accademica.

Allo stesso modo per l’istruzione classica e per quella tecnica, la legge Casati definiva finalità e insegnamenti. Ma per la prima la legge fissava questo obiettivo generale: “ammaestrare i giovani in quegli studi mediante i quali si acquista una cultura letteraria e filosofica che apre l’adito agli studi speciali che menano al conseguimento dei gradi accademici nelle Università dello Stato.

C’era già in quell’impianto dell’istruzione la struttura sociale che la riforma Gentile avrebbe ulteriormente avallato.