Il brusco calo di nascite farà perdere 2mila classi

Mezzo secolo fa, in pieno boom economico, l’Istat registrava quasi un milione di nascite all’anno (esattamente 990.441 nel 1964).

Nel Rapporto annuale dell’Istat, appena pubblicato, risulta che nel 2012 le nascite si sono quasi dimezzate, scendendo a 524.021.

Negli ultimi dieci anni il numero delle nascite si era attestato mediamente intorno alle 550-560mila unità. Soltanto in presenza della crisi si è registrato un brusco decremento. Dai 565.676 nati nel 2008 (andranno a scuola nella primaria quest’anno) si è scesi di circa 6.500 unità nel 2009, di 9.250 nel 2010, ancora di altri 11.400 nel 2011 e, infine, di circa 14mila e 400 unità nel 2012, per un decremento complessivo in quattro anni di oltre 41mila e 600 unità.

Cosa può significare questo rilevante calo demografico per la scuola?

Tra quattro anni, all’inizio della scuola primaria, potrebbero esserci circa 2mila classi in meno. Dove? Soprattutto nelle regioni settentrionali che sembra abbiano risentito del minor apporto di alunni stranieri migranti dall’estero. Il Nord potrebbe perdere circa mille classi, il Centro 350, e il Mezzogiorno (Sud più Isole) circa 700.

Conseguentemente la scuola primaria potrebbe ridurre l’organico dei docenti di circa 5mila unità (soltanto per le prime classi).

L’onda di magra investirà poi le classe successive nella primaria con analogo effetto. Senza considerare l’incidenza demografica di questi ultimissimi anni e dei prossimi, la scuola primaria potrebbe trovarsi, rispetto ad oggi, con 20 classi in meno.

Perché, fin d’ora, non pensare a convertire le risorse umane eccedenti in organico funzionale?