Fine dei voti bassi e delle bocciature, ecco che scrivono i lettori

All’appello a intervenire pubblicato nell’articolo Abolire i voti bassi? Meglio abolire le bocciature, hanno risposto molti lettori, sia inviandoci email, sia sulla nostra pagina Facebook, sia nello spazio di commenti a fondo pagina.

Abbiamo dato conto degli interventi di Giovanni Trainito e di Lea Riverberi. Pubblichiamo ora, come promesso, glia ltri commenti più significativi.

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Guido Campanini

Condivido. Sarebbe la famiglia (o lo studente se maggiorenne) a decidere se ripetere l’anno o passare al successivo pur con presenza di carenze. All’esame di stato i voti andrebbero così da … 1 a 100.

Anziché il diploma, un certificato che Tal dei Tali ha concluso il ciclo di studi… e all’esame di stato finale ha ottenuto il punteggio di.. (1… 20… 60… 80.. 100).

Certo, la premessa è l’eliminazione del valore legale del titolo di studio, su cui si dibatte in queste settimane.

Guido Campanini

Dirigente scolastico del Licoe classico Romagnosi di Parma (fondato nel 1860)

Dirigente scolastico reggente dell’Ist. comprensivo Verdi di Parma

Rave

Sono d’accordo.

L’allievo deve poter proseguire il corso di studi ma, al suo termine, deve avere certificate positivamente soltanto le discipline in cui raggiunge gli standard pre- individuati dalla scuola.

E’ noto che alcuni allievi , pur se capaci, non sono portati per alcune discipline. Tale”incompatibilità” porta ad una preparazione selettiva pur se complessivamente valida .

Peraltro, maturando, vengono recuperate interessi e competenze prima tralasciate.

Non è da sottovalutare l’incidenza che l’insegnante ha nel feeling tra allievo e disciplina.

Con la soluzione proposta nell’articolo,la centralità dell’apprendimento ,riducendo al minimo l’interferenza interpersonale docente-allievo consente una proposta di apprendimento più serena per tutti e due gli”attori” non inficiata dalla preoccupazione del successo scolastico a tutti i costi e più sincera ,perché i docenti sarebbero liberati dal senso di colpa di dover influire negativamente sul percorso di vita di un adolescente, fermandolo un anno.

Sarebbero tranquilli, inoltre, con la propria coscienza perché vedrebbero rispettato il proprio sforzo e la propria disciplina.

Giuliana Michelutti

Sono un’insegnante di scuola superiore. Ho trovato interessante l’articolo su Tuttoscuola. Mi pare che il liceo Berchet vada nella direzione di deresponsabilizzare i ragazzi. Non utilizzare l’intera scala dei voti dovrebbe comportare, per par condicio, abolire anche l’otto, il nove e il dieci e ridurre la scala decimale all’intervallo 4-7, nascondendo le insufficienze gravissime ma, per par condicio, anche le eccellenze. Viva la mediocrità! E incoraggiamo pure la presunzione dei nostri ragazzotti che poi, per estrazione familiare privilegiata, mai e poi mai andranno a sbattere il muso contro la realtà di un lavoro duro (fabbriche e campi), sfruttato o sottopagato (tirocini gratuiti e contratti atipici “divertenti”), come accade invece a tantissimi bravi ragazzi che studiano con sacrificio e impegno, proprio e delle loro famiglie, e ai quali so di offrire un sapere forse inutile alle loro vite future. Piuttosto, questi ragazzi-bene della jeunesse dorée faranno i mantenuti a vita, forti del diploma liceale e forse di una laurea CEPU (con tutto il rispetto per la Cepu, ma è lapalissiano che questa istituzione non è alla portata di tutte le tasche). Il problema, in Italia, è che non esiste la mobilità sociale per merito, soprattutto non esiste la mobilità sociale verso il basso per una vasta casta di giovani rampolli, asini per costituzione o per volontà propria, ma di buona famiglia e di buon borsellino.

Ho ancora una forte motivazione ideale verso la mia professione, ma mai come in questi tempi mi sono sentita così scoraggiata, soprattutto quando all’esame di stato, dove tutti, o quasi, i candidati vengono promossi, anche i mediocri, vedi che alla fatidica domanda: “Che cosa farai adesso? Quali sono i tuoi progetti futuri?” vedi che molti mediocri rispondono senza esitazione che si iscriveranno a questa o a quella facoltà (spesso in università private) e alcuni tra i bravi e meritevoli esitano un po’, perché non sanno quale strada li porterà verso un futuro sbocco lavorativo, e l’università costa, non tanto per le tasse (avranno agevolazioni), ma per i libri, per gli anni, per le spese a carico delle famiglie, perché non vorrebbero proprio fare i bamboccioni fino a trent’anni…

Scusate la divagazione.

Per quello che vale la mia opinione, sono d’accordo nel valutare con correttezza, utilizzando l’intera scala decimale. Sono anche contro le ripetenze, ma non sono d’accordo nel dichiarare ope legis tutti uguali. Per questo motivo ho trovato utile, e sottoscrivo in pieno, la precisazione che riporto, e soprattutto la dichiarazione sul diploma e lo sbarramento successivo in sede di iscrizione universitaria.

Si tratterebbe di consentire il passaggio all’anno successivo a tutti gli studenti o quasi, come già avviene nel primo ciclo, ma certificando l’effettivo livello di apprendimento raggiunto da ciascun alunno nelle singole discipline e attività e stabilendo standard minimi (non medi) nelle aree strategiche oggetto delle indagini internazionali (IEA, oltre che Pisa): lettura, matematica e scienze, cui si potrebbe aggiungere una lingua straniera e l’ICT.

All’esame conclusivo degli studi secondari gli studenti non dovrebbero sostenere prove nelle discipline dove il giudizio della scuola è stato inferiore allo standard minimo di sufficienza, e nella certificazione dei risultati conseguiti tale valutazione dovrebbe comparire con i conseguenti effetti preclusivi sulla successiva scelta dei percorsi universitari, post-secondari e di lavoro. Il candidato potrebbe così essere valutato solo nelle materie dove ha ottenuto buoni risultati, con effetti di positivo orientamento per le sue scelte successive.

Cordiali saluti. Giuliana Michelutti (Liceo delle scienze umane, ISIS C. Percoto, Udine)

Paolo Cipriani

Ma certo che i due ed i tre vanno aboliti servono solo a scoraggiare e demotivare, il problema delle bocciature forse è un più difficile da risolvere

Barbara Foti

Spettabile redazione Tuttoscuola,

con il mio intervento vorrei precisare che, avendo un’amica sposata con un finlandese e che da anni risiede in Finlandia, il sistema finlandese è selettivo; ha una forma di selezione piuttosto ‘subdola’ che limita e/o impedisce la libertà di scelta degli alunni e delle famiglie.

Nel sistema finlandese, con estrema facilità e senza spiegazioni, i figli vengono portati via ai genitori se, per esempio, in un tema i professori leggono – o credono di leggere – una qualsiasi forma di disagio e/o sofferenza. Sistema dove i tecnici e i professionali funzionano e vi sei inviato d’ufficio …

Insegno da tanto tempo e, mai come in questi ultimi anni, ho visto dirigenti ‘forzare la mano’ per far alzare i voti degli alunni che, illusi da voti che rispecchiano il nulla, scelgono studi non alla loro portata con l’inevitabile abbandono in corso d’opera.

La performance di una scuola non si può misurare sui voti assegnati agli alunni; ho un collega che ha sempre la media del 9 e più nelle sue classi, vi sembra realistico?

Cori.do

Sarebbe assolutamente controproducente “non bocciare”, perché i nullafacenti,ne trarrebbero vantaggio. Sarebbe meglio costruire una scuola selettiva, perché non è per tutti lo studio. Non per nulla un tempo gli studenti erano molto più preparati di oggi

Mattia Ruffo

In merito a questo argomento non andrebbe dimenticato che:

a) ciò che funziona in un Paese non è detto che funzioni in un altro (esempio banale: in Finlandia le code per andare in mensa sono silenziose ed ordinate…. che senso civico c’è dietro? In Giappone si ammazzano di studio… che senso della responsabilità c’è dietro?).

b) Da quando alle elementari sono stati aboliti bocciature ed esami il livello culturale dei bambini è precipitato.

c) L’età degli alunni (penso alle Medie inferiori) non permette loro ragionamenti sofisticati a lungo termine; il loro pensiero è semplice: “se tutti sono promossi, perché dovrei impegnarmi?”. Qualunque discorso sulla futura carriera in un Paese di Bengodi come il nostro si risolverebbe in una scrollata di spalle.

d) La gran maggioranza dei miei alunni bocciati l’anno successivo dimostra miglioramenti; quelli graziati solitamente peggiorano.

e) L’indagine OCSE è interessata all’aspetto economico della gestione scolastica, non al livello culturale degli alunni.

f) L’errore più grave che si fa osservando le statistiche è confondere la causa con l’effetto: è errato pensare che qualora non si bocci la scuola divenga migliore, mentre è corretto interpretare il dato affermando che poiché la scuola è buona non è necessario bocciare. Questo dovrebbe essere di sprone a cambiare metodi, a fornire stimoli, MEZZI, servizi, scuole che non crollino, sbocchi professionali agli studenti, prospettive per il futuro… ma questa è utopia nell’Italia gerontocratica e gerontocentrica di oggi; è più comodo togliere l’ostacolo o abbassare l’asticella piuttosto che concorrere tutti alla formazione delle nuove generazioni.

Ringrazio e cordialmente saluto,

Prof. Mattia Ruffo, docente di lettere alla Scuola Media, bocciatore (con scrupolo) e a suo tempo fortunatamente bocciato

Elisabetta Cerciello

E tutti gli alunni bocciati ingiustamente negli anni scorsi? È un’ingiustizia, tanto ormai non sappiamo più che tagliare …diamo un taglio alle bocciature…