Adida: i ricorsi da soli non bastano

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una interessante riflessione dell’associazione ADIDA (Associazione Docenti Invisibili Da Abilitare) sulla opportunità e sulla stessa utilità del ricorso sistematico alle vie legali come strumento privilegiato di lotta per il riconoscimento di diritti che si ritengono non rispetttati da decisori politici e amministrativi.  

Invitiamo i lettori a commentare il contributo e a proporre nuovi temi di discussione, scrivendoci come di consueto all’indirizzo dedicato la_tribuna@tuttoscuola.com.

 

Adida e le sue battaglie legali: alcune considerazioni

Abbiamo ricordato più volte che, allo stato attuale, lo strumento del ricorso ha assunto una connotazione assai importante, determinata dalle scelte politiche che, in totale contraddizione rispetto al diritto o al semplice buon senso, hanno da alcuni anni inferto (o tentato di infliggere) duri colpi ai precari delle graduatorie d’istituto. Per quanto riguarda i ricorsi, tuttavia, è necessario condividere alcune considerazioni, soprattutto data la complessità delle procedure e delle strategie da attuare. I tempi già biblici della giustizia italiana, portano ad attese snervanti che spesso esasperano chi, giustamente, ha riposto nel ricorso fiducia e aspettative. Oltre a ciò, poi, molto influisce il clima politico su una determinata materia, al punto che, si instaura una sorta di “dialogo” tra i vari poteri. Più volte, a tale proposito, abbiamo ricordato che i ricorsi da soli non bastano e che l’associazione Adida ha sempre affiancato ad essi un’intensa attività politica proprio finalizzata a creare il terreno adatto affinché l’esito positivo di un ricorso non rimanga “lettera morta”. In sostanza, senza le premesse per l’applicazione di una sentenza, soprattutto se va contro ad un certo trend politico, la sentenza stessa rischierebbe di cadere nel vuoto, un vuoto normativo che, in ambito scolastico, si è verificato spesso. Il clima politico, inoltre, impone una certa prudenza anche nel richiedere la fissazione delle udienze, in quanto si potrebbe verificare la condizione in cui una sentenza di rigetto creerebbe un humus negativo tale da minare non soltanto la battaglia legale, ma anche quella politica inevitabilmente fortificata da un rigetto. E, cosa negativa, in caso di “forzatura” nel richiedere che si entri nel merito, sarebbe un rigetto con condanna alle spese processuali che graverebbero pesantemente sulle tasche dei  ricorrenti, nel nostro caso docenti precari con evidenti difficoltà economiche. Varie quindi sono le considerazioni che vanno fatte sia prima che dopo la presentazione di un ricorso, che impongono molta cautela anche al fine di evitare che si possa generare una giurisprudenza negativa da evitare al fine di non compromettere gli esiti della nostra battaglia. I nostri legali, che puntano al nostro esclusivo interesse e tutela,  quindi, scelgono strategie che portano talvolta i tempi a dilatarsi e questo specialmente per certe tipologie di ricorso o per tipologie di soggetti interessati.

In ultimo vorremmo fare una precisazione riguardo la possibilità di ricorrere al Giudice del lavoro all’indomani della pronuncia della Corte di giustizia europea. Secondo i nostri legali, rispetto al requisito dei 36 mesi di servizio svolto, giuridicamente non c’è distinzione sul “come” siano stati effettivamente svolti, se con contratto annuale o temporaneo, consecutivi o no. Il punto fondamentale è averli prestati come docenti. Le diverse interpretazioni che circolano a riguardo scaturiscono notevolmente dalle interpretazione della normativa sull’argomento, cosa che va di pari passo con un’idea politica della questione e che orienta le azioni intraprese dalle varie associazione o dai sindacati. Anche il modo di impostare un ricorso, quindi, diventa fondamentale. Potrebbe apparire difficile capire o scegliere a chi rivolgersi, ma crediamo sia fondamentale spiegare come l’associazione Adida si è mossa finora e come si muoverà in futuro, sia per informare che per garantire pienamente il diritto nella scelta.

Chiara Stella Albanello e Valeria Bruccola