Walter Tocci/2. La scuola come mondo vitale

Nel suo libro, il cui sottotitolo “Come salvare l’educazione dalle ossessioni normative” anticipa il fil rouge che percorre l’intero lavoro, Walter Tocci nota che le fasi più dinamiche e creative della storia della scuola italiana sono state, appunto, quelle meno ‘normate’ – per esempio la stagione delle maxisperimentazioni degli anni settanta e ottanta dello scorso secolo, le 150 ore (di cui lui stesso beneficiò da studente lavoratore per laurearsi in fisica), il ‘tempo pieno’ e il team teaching nella scuola elementare.

Tutti momenti nei quali la scuola come ‘mondo vitale’, creativo e partecipativo, aveva prevalso sulla scuola intesa come grigio, ripetitivo e individualistico ossequio alle norme, che ora la Buona Scuola rischia di riproporre (e imporre per interposto preside-sceriffo).

L’impressione che lascia la lettura di questo brillante e colto saggio del senatore Tocci è che egli sia più convincente (e coinvolgente, per chi ha vissuto quegli anni) quando parla del passato, delle speranze suscitate e delle occasioni perdute, e che lo sia di meno nel giudizio drasticamente negativo sulla Buona Scuola.

Nella sua analisi non mancano infatti spunti e suggerimenti che il Governo e il ministro Giannini potrebbero almeno in parte raccogliere, non sottovalutando la giusta considerazione che, come i ripetuti fallimenti di troppe riforme scolastiche dimostrano, e come Tocci scrive (p. 112), “La riforma della scuola non è una questione di leggi, ma una grande questione culturale del nostro tempo”.

Ora la legge c’è, accompagnata da una serie di deleghe che potrebbero essere esercitate o scaricando sulle scuole una valanga di regole amministrative (con i presidi chiamati a farle rispettare) o definendo soltanto i traguardi e affidando all’autonomia delle scuole e dei corpi docenti il compito di costruire i percorsi e le soluzioni dal basso (con i presidi garanti di questa libertà progettuale e partecipativa, leader educativi di comunità educanti e non terminali burocratici di un Ministero ricentralizzato). Tocci sembra dare per scontato che la Buona Scuola renziana punti sulla prima alternativa, ma forse in questo eccede in pessimismo: gli spazi per le api e le formiche continuano ad esistere anche oggi, come molte esperienze innovative dimostrano, e sarebbe un peccato che una lucida capacità di analisi come quella da lui dimostrata in questo libro si esaurisse nella nostalgia per la scuola che fu.