Ddl voto in condotta, un emendamento vuole riportare il voto alla scuola primaria. Corsini: ‘Un patto a ribasso sulla pelle degli alunni’

E’ atteso questa settimana il via libera da parte della commissione Istruzione al disegno di legge del ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, riguardante il voto in condotta e sospensioni. Un ddl che, secondo rumors parlamentari riportati da Italia Oggi, pare contenga anche un emendamento che ha lo scopo di tornare al voto numerico alla scuola primaria, salutando i giudizi. Abbiamo chiesto a Cristiano Corsini, Corsini, ordinario di Didattica Sperimentale all’Universita Roma Tre cosa rappresenterebbe questa scelta.

Prof. Corsini, cosa rappresenterebbe per lei il ritorno dei voti alla primaria?
“Sarebbe un patto al ribasso sulla pelle di alunne e alunni. Noi non investiamo come dovremmo sulla formazione e sulla remunerazione dell’insegnante, non abbiamo messo un euro sul supporto alla valutazione descrittiva avviata tre anni fa e quindi invece di pretendere una valutazione realmente educativa come quella descrittiva, puntiamo su una pessima valutazione. Una valutazione che usa i voti – numerici o meno non fa alcuna differenza – è approssimativa e rozza e, tra le altre cose, non ha effetti positivi sull’apprendimento.
Va considerato che per una valutazione descrittiva servono buone competenze da parte dell’insegnante. Non è un caso che il cambiamento del dicembre del 2020 abbia ottenuto buoni risultati dove scuole e docenti hanno fatto un buon lavoro di formazione e autoformazione mentre dove s’è lasciato tutto com’era – sostituendo l’etichetta coi numeri con l’etichetta con i livelli – i risultati sono stati scadenti. Per questo motivo, oltre che un patto al ribasso, questo ritorno dei voti rappresenterebbe uno schiaffo a scuole e docenti che in questi anni hanno lavorato per usare la valutazione descrittiva come strumento educativo.
Tornare al passato senza prendersi la briga di monitorare e valutare il cambiamento è una scelta di corto respiro e ancora una volta la scuola sarà costretta a pagare il prezzo dell’improvvisazione politica”.

Ma il voto non è più chiaro rispetto alla valutazione descrittiva?
“Sappiamo da anni che una valutazione incentrata sui voti è meno efficace e precisa di una valutazione che descrive punti di forza e di debolezza, non è un caso che il ‘ritorno ai voti’ non sia invocato da nessuna figura con un minimo di competenza in ambito valutativo. Il voto, numerico o meno che sia, serve a rendicontare e a classificare, non a educare.
D’altra parte, quella della maggior chiarezza del voto rispetto al riscontro descrittivo è una leggenda metropolitana. Sappiamo infatti che, in assenza di criteri descrittivi riferiti a obiettivi specifici, la valutazione che si esprime attraverso i voti è del tutto inaffidabile. E un punto di forza del cambiamento del 2020 è rappresentato proprio dalla scelta di legare la valutazione descrittiva a obiettivi specifici di apprendimento”.

Ma allora il voto a cosa serve?
“Il voto serve solo per mettere gli studenti in competizione tra loro, purtroppo non ha alcun effetto positivo sull’apprendimento e, anzi, tende ad avere un’incidenza negativa, soprattutto sulla motivazione ad apprendere. Alla prova dei fatti, la reale funzione del voto è quella di legittimare le disuguaglianze di partenza: il voto si limita a trasformare in merito i privilegi di chi parte avvantaggiato”.

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