Ddl voto in condotta, Amatori (UER): ‘Modalità che rischiano di diventare repressive. Non esiste il termometro della buona e cattiva condotta’

E’ atteso questa settimana il via libera da parte della commissione Istruzione al disegno di legge del ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, riguardante l’inasprimento delle regole su voto in condotta e sospensioni. Un ddl che sembra contenere anche un emendamento che l’obiettivo di tornare al voto numerico alla scuola primaria. Ne abbiamo parlato con Gianluca Amatori, Professore di Didattica, Pedagogia Speciale e Ricerca educativa presso l’Università Europea di Roma.

Prof. Amatori, una professoressa è stata accoltellata da un suo studente. Si tratta dell’ennesimo episodio di aggressione al personale scolastico avvenuto nell’ultimo periodo. Il ministro Valditara ha dichiarato in queste ore che “È urgente che il Parlamento approvi quanto prima il disegno di legge del governo sul voto in condotta. È necessario che si ripristini il valore del rispetto e che lo studente sia indotto a riflettere in modo concreto sui doveri che discendono dal suo appartenere alla comunità”. Cosa ne pensa?
“Ovviamente il fatto è molto grave, ma credo che non sia con il voto in condotta che si possa intervenire. Il reintegro della votazione numerica vorrebbe in qualche modo rendere quantificabili le condotte degli studenti, ed è molto complesso. Non esiste il termometro della buona e della cattiva condotta, ma solo degli eventi. Nel contesto scolastico ci rimanda al senso del feedback, a quello che volgiamo comunicare agli studenti. Non è il brutto voto che può prevenire il comportamento problema. Il lavoro dell’insegnante è quello di muoversi tra le reazioni e le elaborazioni di quello che avviene nel contesto. Se pensiamo che già misurare l’apprendimento in termini numerici è molto complesso, lo è ancora di più misurare la condotta, i comportamenti, attraverso queste modalità valutative che hanno il rischio di diventare repressive e non orientative, né tantomeno assumono una funzione pedagogica in termini di prevenzione del comportamento problema. Dobbiamo chiederci se la condotta è mossa da un intento educativo pedagogico, o se è una semplice risultante del processo”.

Perché secondo lei le aggressioni al personale scolastico sembrano essersi intensificate nell’ultimo periodo? Cosa si è rotto?
“Credo che sia solamente la punta di un iceberg legata a un progressivo deterioramento del rapporto tra insegnanti e studenti, e più in generale al modo i cui viene percepita la scuola da genitori e ragazzi. Se noi riesumassimo un chirurgo del 1800 e lo portassimo in una sala operatoria contemporanea, oggi non saprebbe da dove partire. Se facessimo la stessa cosa con un’insegnante, invece, al di là della difficoltà con qualche dispositivo tecnologico che le scuole più virtuose hanno ottenuto, sarebbe perfettamente in grado di portare avanti una lezione. La scuola non è cambiata nella sua struttura e fatica a cambiare dal punto di vista didattico. In questo senso ritengo che il voto in condotta non sia un passo avanti, ma un ritorno a logiche che non sono più pertinenti alla realtà di oggi. Si è rotto un equilibrio precario che occorre ricostruire. Non è un lavoro che spetta solo alla scuola, ma che chiama in causa le famiglie e le scelte anche politiche di sostegno alle azioni educative e didattiche. Siamo tutti coinvolti in questa azione complessa, ma indispensabile”.

Come rinsaldare l’alleanza scuola famiglia?
“Ricette non ce ne sono, ma credo sia opportuno trovare forme di comunicazione più efficaci, in grado di incidere in maniera propositiva nei confronti del percorso di crescita dei nostri ragazzi. Intanto un elemento fondamentale del quale dovremmo riappropriarci è il valore educativo della scuola: non c’è istruzione senza educazione. Anche la riflessione che stiamo facendo sulla valutazione del comportamento, che non è assegnazione di un voto, è pienamente contemplata in questo discorso. E’ necessario quindi ritrovare forme di comunicazione efficaci che hanno ricadute anche sulle scelte didattiche. Si sente spesso timore quando si pensa a una scuola che cambia, che è al passo con i tempi, che contempla la tecnologia come un connettivo delle relazioni. Quanti arroccamenti sentiamo sul potenziale pericolo sull’uso delle tecnologie a scuola? Scelte che non fanno che ‘crushare’ con il mondo che i ragazzi vivono. La scuola è di fatto il luogo in cui le esperienze dei ragazzi si condensano per la maggior parte della giornata e non possiamo pensare che quello che avviene a scuola sia completamente disgiunto da quello che avviene fuori”.

Secondo un’indiscrezione di Italia Oggi, sembrerebbe che il ddl sul voto in condotta contenga un emendamento che ha l’obiettivo di reintrodurre il voto numerico alla scuola primaria oltre all’obbligo di valutazione (con pagella) alla fine del primo quadrimestre in tutte le scuole. Secondo Carmela Bucalo, responsabile scuola di FdI che pare abbia voluto questo emendamento, gli attuali giudizi procurava infatti disorientamento nelle famiglie. Qual è la sua idea al riguardo?
“La reintroduzione del voto nella scuola primaria sarebbe un pericoloso passo indietro. Assistiamo a una secondarizzazione della scuola primaria che sta assumendo sempre di più la forma di una scuola secondaria, mentre dovrebbe avvenire il contrario. La scuola primaria nel nostro Paese funziona molto bene, è un fiore all’occhiello, e invece di esportare quel modello negli altri ordini scolastici facciamo il contrario. L’introduzione del giudizio descrittivo alla primaria è stato un grande passo avanti che ha fatto sì che insegnanti potessero concentrarsi in maniera più precisa sugli obiettivi di apprendimento. E’ vero che un numero agli occhi di lo legge è più chiaro, ma solo perché culturalmente siamo abituati a pesare l’apprendimento in termini di voto e non di valutazione. La forma attualmente in uso nella scuola primaria è a mio parere la più chiara di tutte perché dice a quale livello si trova l’alunno e lo aiuta a capire qual è il passaggio che deve compiere. Se all’alunno dico che è un 7, un 8 o un 4, non dico nulla, ho semplicemente fatto una misurazione che non restituisce un quadro chiaro”.

In questo momento si parla tantissimo di Intelligenza artificiale… Quali prospettive potrebbe avere nell’ambito della didattica?
“Mi ricollego al fatto che la scuola non può essere un mondo a parte rispetto a quello reale. C’è molto timore rispetto all’introduzione dell’IA nella didattica, il più grande quello che vede il mestiere dell’insegnante sparire. Credo che questo non sia possibile. L’IA potrebbe essere un valido alleato del processo di apprendimento. Nello specifico, con il centro di ricerca di cui sono direttore scientifico, l’International Research Center for Inclusion and Teacher Training (IRCIT), stiamo seguendo un progetto legato a una piattaforma che consente un supporto allo studio attraverso l’IA ma con un sistema generativo e non sostitutivo, che non dà risposte rispetto all’esecuzione di un compito, ma guida gli alunni passo passo nella risoluzione come potrebbe fare un tutor o un insegnante. Ma lo fa quando il docente non c’è, quindi quando i ragazzi sono a casa. Stiamo studiando la possibilità di prevedere un’interfaccia per gli insegnanti che potrebbero così avere una chiave di lettura completa del processo di apprendimento degli alunni. Potrebbero  conoscere i punti di debolezza dello studio autonomo degli alunni e potrebbero, in classe, intervenire tempestivamente per colmare queste lacune. Oltre al fatto che con un gruppo di colleghi dell’Università di Foggia, Pegaso e IUL stiamo cercando di studiare quanto l’IA potrebbe essere di supporto proprio nella fase di valutazione degli apprendimenti attraverso un’eventuale integrazione nei registri elettronici. Le prospettive sono moltissime e sempre in un’ottica di supporto e non di sostituzione al processo di insegnamento – apprendimento”.

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