Violenza a scuola fra studenti: Vibo Valentia punta sull’educazione

Di Lucia M. Bevilacqua*

Tra i tanti obiettivi formativi che la scuola persegue, senza dubbio c’è quello di promuovere, educare e sostenere stili di comportamento che condannano la violenza in tutte le sue manifestazioni. Eppure sono frequenti le notizie di cronaca che vedono gli studenti protagonisti di atti di violenza anche all’interno della scuola, nelle aule e nelle pertinenze. Di che violenza si tratta? Come inquadrare e risolvere gli atti di violenza in un contesto dove educazione e formazione rappresentano invece lo scenario intenzionale e sistematico della non violenza?

È intanto opportuno circoscrivere la tipologia di violenza presente nella scuola che comunque rimane in misura marginale in rapporto alla popolazione scolastica. Oltre l’atto di violenza fisico (percosse, pugni, lesioni personali, risse) risulta più presente nella scuola la violenza psicologica subdola, invisibile e tacita, espressa con condotte riconducibili ai fenomeni di bullismo e cyberbullismo, temi che hanno assunto anche una certa rilevanza giuridica per i rilievi penalistici connessi alle fattispecie di reato. Basti pensare alla violenza verbale e alla prevaricazione attraverso la rete che, nelle sue articolazioni legate agli effetti sul piano delle conseguenze giuridiche (penali, disciplinari, civili), si traducono in istigazione a delinquere o al suicidio, ingiuria e diffamazione, sostituzione di persona, atti persecutori e stalking, minaccia e violenza privata, violenza sessuale di gruppo fino a reati gravissimi quali la pedo/pornografia, hackeraggio, trattamento illecito di dati. Come la scuola si rapporta davanti a simili situazioni, possibili anche al suo interno?

La premessa è sicuramente quella di focalizzare l’argomento partendo da una analisi del contesto socio-antropologico a cui i nostri studenti appartengono e nel quale sono pienamente inseriti. La complessità del mondo moderno è determinata da un evidente cambio di paradigma dei fondamentali di un decennio fa, quando l’educazione aveva alla base il rispetto delle regole e la certezza della sanzione in caso di violazione, quando tra scuola e famiglia vigeva il patto concreto della coerenza educativa e non quello della corresponsabilità come adempimento burocratico, quando di fatto l’educazione era autorevole e rigida e il futuro era più certo. Gli sviluppi delle scienze umane dimostrano invece che nella società attuale sono le emozioni a prendere il sopravvento sulle regole, che le agenzie educative, nel recente passato coerenti con gli stili educativi, offrono pochi punti di riferimento comuni e che la divisione del dualismo teoria-pratica determina inevitabilmente una crisi educativa generalizzata e visibile in tutti i rapporti relazionali: nel rapporto genitori-figli, insegnanti-alunni, istituzione-cittadini. Qualunque forma di violenza è di fatto generata dal mancato controllo, quando mancata consapevolezza, del linguaggio delle emozioni. Se quindi le emozioni prevalgono sulle regole, qualunque intervento educativo deve parlare prima alle emozioni che in uno scenario simile diventano la chiave di accesso anche al sistema cognitivo e quindi al rapporto insegnamento-apprendimento.

La scuola è chiamata allora a rivisitare approcci e sistemi: non può più rimanere ancorata ai sistemi educativi del passato, nella cornice della rigidità e della “punizione” (sistema eccellente per quel tipo di contesto mondo) ma trattare le stesse cose in maniera differente cercando di limitare la discrepanza fra la dimensione emotiva e quella cognitiva, in “ragazzi-mondo” della generazione 4.0, apparentemente autonomi ma più fragili per la bulimia di stimoli che rende difficile la sosta sul singolo stimolo secondo il tradizionale approccio educativo-didattico. È quindi difficile ottenere risultati se non sappiamo leggere i nuovi bisogni, se non sappiamo utilizzare un linguaggio comune per instaurare la relazione, se la scuola rimane un obbligo e non un luogo di realizzazione personale. È più opportuno che noi adulti, docenti, esercitiamo l’educazione mettendo insieme logiche e metodi diversi che restituiscano l’autorevolezza della funzione perché co-autori della costruzione del sé di ciascuno. Come? Avendo come core curriculum dell’educare la relazione pedagogicamente corretta, facendo proprio il dubbio metodico di matrice socratiana, trasformando la tradizionale relazione binaria docente-discente, dove l’adulto perché tale è sempre nel giusto, in una relazione ternaria fatta di realtà (adulto-studente), empatia (ti capisco, mi immedesimo, ti coinvolgo), sostegno (ti accompagno nel percorso).

Tenuto conto di queste premesse, la nostra scuola ha pensato di realizzare un percorso di formazione sui temi del bullismo e cyberbullismo che ha impegnato studenti, docenti, genitori e psicologi di supporto nella scuola. La trattazione dell’argomento è stata preceduta dalla progettazione di unità trasversali di apprendimento, inserite nell’ambito delle azioni di educazione civica, che affrontano anche le varie forme di violenza diffuse fra gli adolescenti. Partendo dall’analisi dei fatti di cronaca e dalla annosa questione dell’uso dei telefonini in classe come strumenti incriminati ad hoc, gli studenti hanno incontrato più volte gli esperti della polizia postale per evidenziare pericoli e implicazioni penali sull’uso scorretto degli strumenti informatici come possibili generatori di violenza.

Inoltre, riprendendo l’assunto che la relazione (quindi anche il rapporto docenti-studenti) diventa concreta e produce effetti solo se fondata sulla comunicazione empatica, è stato programmato un seminario trasversale di studi sul tema “Educare oggi: speranza possibile” che ha coinvolto docenti, studenti, genitori e associazioni del territorio in sessioni differenti e dedicate. L’incontro con gli studenti, dinamico e interattivo, ha scardinato molti pregiudizi educativi purtroppo insiti nella prassi scolastica sostenendo la necessità di avere come piattaforma dell’educazione la relazione pedagogicamente corretta, il valore dinamico dell’educazione e della formazione non fondata su ciò che si dice ma su quello che insieme si costruisce, con intelligenza e volontà, oltre i contenuti disciplinari.

Leggi l’articolo integrale nel numero 630 di Tuttoscuola

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* Dirigente scolastico Liceo Scientifico “G. Berto” Vibo Valentia

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