Vigilanza under 14 all’uscita di scuola. Valutazioni e suggerimenti operativi per l’Emilia Romagna

Come noto, una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 21593, depositata il 19 settembre 2017), ha fatto riemergere una dibattuta questione in merito all’incolumità ed all’obbligo di vigilanza degli studenti minori all’uscita degli Istituti scolastici.

Detta pronuncia ha sensibilizzato il Legislatore a definire con urgenza una modifica normativa in materia di affidamento dei minori, introducendo l’art. 19 bis al decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito con legge 4 dicembre 2017, n. 172, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 5 dicembre ed entrata in vigore a far corso dal 6 dicembre u.s.

Tale articolo prevede che i genitori, i tutori ed i soggetti affidatari dei minori di 14 anni, in considerazione dell’età, del grado di autonomia e dello specifico contesto, possano autorizzare le Istituzioni scolastiche a consentirne l’uscita autonoma al termine dell’orario scolastico. La stessa norma stabilisce che detta “autorizzazione esonera il personale scolastico dalla responsabilità connessa all’obbligo di vigilanza”.

Si rimanda, in proposito, alla nota 12 dicembre 2017, prot. 2379 del Miur, Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione, pubblicata a suo tempo sul sito di questo Ufficio Scolastico Regionale.  Così come si rimanda al contenuto dei pareri e delle indicazioni già espressi in passato da questa Direzione Generale (cfr. nota del 21 maggio 2002, prot. 7873) e dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna (cfr. pareri del 4 dicembre 2000, prot. n. 21290-21298 e del 10 gennaio 2001, prot. n. 556-564), con cui peraltro la presente è stata preventivamente condivisa.

Successivamente alla Conferenza dei servizi sul tema, convocata il 21 novembre 2017 dall’Ufficio Scolastico Regionale, anche in ragione dell’entrata in vigore il 6 dicembre 2017 della modifica normativa di cui sopra, sono pervenute richieste di chiarimenti che con la presente si intende corrispondere, anche con riferimento ai casi nei quali le famiglie non ritengano di autorizzare l’uscita autonoma degli alunni e ad aspetti relativi alla vigilanza di studenti maggiorenni. Questi chiarimenti arrivano dall’Ufficio scolastico regionale Emilia Romagna. Vediamoli di seguito.

 

Eventuale responsabilità civile

In primo luogo è doveroso ricordare il rilievo della responsabilità civile che, secondo giurisprudenza costante, implica il dovere per la scuola di provvedere alla sorveglianza degli alunni minorenni per tutto il tempo in cui questi gli sono affidati, fino al subentro dei genitori o di loro incaricati (inter alia, Cass. Civ., Sez. I, 30 marzo 1999, n. 3074). Il titolo della responsabilità del Ministero dell’Istruzione o dell’ente gestore di una scuola privata, nel caso di alunni che subiscano danni durante il tempo in cui occorre siano sorvegliati dal personale della scuola, può essere duplice: contrattuale, se la domanda è fondata sull’inadempimento all’obbligo specificatamente assunto dall’autore del danno di vigilare ovvero di tenere una determinata condotta o di non tenerla; extracontrattuale, se la domanda è fondata sulla violazione del generale dovere di non recare danno ad altri (Cass. civ., 15 febbraio 2011, n. 3680, in Resp. civ. e prev., 2011, 1562, con nota di Cocchi; Cass. civ., 11 novembre 2003, n. 16947, in Enti pubbl., 2005, 627).

Eventuale responsabilità extracontrattuale

La responsabilità civile extracontrattuale dell’Amministrazione scolastica per fatti imputabili ai propri dipendenti attiene, da un lato, all’omissione rispetto all’obbligo di vigilanza sugli alunni minori (ex art. 2047 – 2048 c.c.) e, dall’altro, all’omissione rispetto agli obblighi organizzativi e di controllo e di custodia (ex art. 2043 e 2051 c.c.). In particolare, il paradigma della responsabilità civile dell’insegnante si rinviene nell’art. 2048 del codice civile, 2° comma, secondo cui “I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte, sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. Le persone indicate dai commi precedenti, aggiunge il 3° comma, sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non avere potuto impedire il fatto”.

Eventuale responsabilità contrattuale e/o da “contatto sociale”

Negli ultimi anni, si è affermato un ulteriore orientamento giurisprudenziale in virtù del quale “In caso di danno cagionato all’alunno per responsabilità ascrivibili a difetto di vigilanza o di controllo da parte degli organi scolastici, la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante ha natura contrattuale, atteso che, quanto all’istituto, l’instaurazione del vincolo negoziale consegue all’accoglimento della domanda di iscrizione, mentre, quanto al precettore, il rapporto giuridico con l’allievo sorge in forza di contatto sociale” (Cass. civile sez. III, 28 aprile 2017, sent. n. 10516); “… in virtù della c.d. teoria del contatto sociale, l’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell’allievo alla scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni” (Cass. Civ., sez. III, 4 febbraio 2014, sent. n. 2413). Secondo detto orientamento, la natura contrattuale della responsabilità ascrivibile all’Istituto scolastico ed al singolo insegnante – che deriva, rispettivamente, dall’iscrizione scolastica e dal contatto sociale qualificato – implica l’assunzione dei cd. “doveri di protezione”, enucleati dagli artt. 1175 e 1375 c.c., necessariamente commisurati all’interesse del creditore del rapporto obbligatorio. Nel caso di minore affidato dalla famiglia per la formazione scolastica, essi impongono il controllo ela vigilanza del detto minore fino a quando non intervenga un altro soggetto responsabile, chiamato a succedere nell’assunzione dei doveri connessi. Ne deriva che, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da autolesione nei confronti dell’istituto scolastico e dell’insegnante, è applicabile il regime probatorio desumibile dall’art. 1218 c.c.: mentre l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, l’altra parte deve dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all’insegnante (Cass. civile sez. un., 27 giugno 2002, sent. n. 9346).

Il dovere di vigilanza e la eventuale “culpa in vigilando”

A prescindere dalla natura (contrattuale o extra contrattuale), presupposto della responsabilità dell’insegnante per il danno subito dall’allievo e fondamento del dovere di vigilanza sul medesimo, è la circostanza che costui gli sia stato affidato; sicché chi agisce per ottenere il risarcimento deve dimostrare che l’evento dannoso si è verificato nel tempo in cui l’alunno era sottoposto alla vigilanza dell’insegnante, restando indifferente che venga invocata la responsabilità contrattuale per negligente adempimento dell’obbligo di sorveglianza o la responsabilità extracontrattuale per omissione delle cautele necessarie – suggerite dall’ordinaria prudenza, in relazione alle specifiche circostanze di tempo e di luogo (cfr. sentenza 16 febbraio 2015 n. 3081, in cui la Cassazione ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità dell’Istituto scolastico con riguardo all’infortunio subìto da una minore dopo l’uscita di scuola, allorché, mentre era seduta sul parapetto della scala dell’edificio scolastico, era caduta all’indietro, in seguito alla spinta di un compagno; inoltre, si veda Tribunale Roma, sent. 17 febbraio 2003). E’ chiaro, difatti, che il dovere di vigilanza dell’insegnante per il danno subito dall’allievo – dovere la cui estensione va commisurata all’età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto – presuppone che l’allievo gli sia stato affidato (Cass. Civ., sez. III, 4 febbraio 2005, sent. n. 2272). Da ciò ne deriva che la responsabilità della scuola nel presente ambito è da intendersi quale “responsabilità aggravata” ai fini civilistici, ossia basata sulla “presunzione” di una culpa in vigilando: “Sia la presunzione di responsabilità a carico dell’insegnante disciplinata dall’art. 2048 c.c. sia quella contrattuale ai sensi dell’art. 1218 c.c. non configurano ipotesi di responsabilità oggettiva, imputando invece all’insegnante una responsabilità per colpa presunta, superabile con la prova di avere correttamente adempiuto agli obblighi di vigilanza e controllo sugli alunni durante il tempo di affidamento degli stessi alla scuola. Si tratta, quindi, di presunzione di responsabilità che non ha carattere assoluto ma si configura come una ipotesi di responsabilità soggettiva aggravata, in ragione dell’inversione dell’onere probatorio che grava sul docente della prova liberatoria nei termini sopra precisati, ma che presuppone comunque la necessità di accertare in concreto una condotta colposa a carico dell’insegnante” (Tribunale Milano, sez. X, 9 aprile 2009, sent. n. 4959). In ragione del rapporto di immedesimazione organica che lega l’Amministrazione ai propri dipendenti, la violazione dell’obbligo di vigilanza da parte di dirigenti, docenti o collaboratori scolastici, espone l’Istituzione scolastica a cui appartengono a diretta responsabilità; pertanto, la stessa Amministrazione verrà chiamata a rispondere del danno (derivato appunto da “culpa in vigilando”) salvo, ai sensi dell’art. 61, comma 2, della legge 11 luglio 1980, n. 312, che al personale medesimo non siano ascrivibili dolo o colpa grave (ex multis, Trib. Chieti, 12 maggio 2005, n. 1254; Cass. Civ., sez. III, 11 febbraio 2005, n. 2839; Trib. Bologna, 24 aprile 2001). Ne deriva che l’insegnante è privo di legittimazione passiva non solo nel caso di azione per danni arrecati da un alunno ad altro alunno (nella quale sia invocata, nell’ambito di un’azione di responsabilità extracontrattuale, la presunzione di cui all’art. 2048, comma 2, c.c.), ma anche nell’ipotesi di danni arrecati dall’allievo a se stesso (ipotesi da far valere secondo i principi della responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c.); in proposito, si veda, Cass. Civ., sez. un., 27 giugno 2002 n. 9346. Costante orientamento in materia della Corte di Cassazione, è che “in tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori, per superare la presunzione di responsabilità che, ex art. 2048 c.c., grava sull’insegnante per il fatto illecito dell’allievo, non è sufficiente la sola dimostrazione di non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo dopo l’inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno, ma è necessario anche dimostrare di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi di detta serie causale, commisurate all’età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto, dovendo la sorveglianza dei minori essere tanto più efficace e continuativa in quanto si tratti di fanciulli in tenera età. Occorre la dimostrazione di aver esercitato la vigilanza nella misura dovuta, il che presuppone anche l’adozione, in via preventiva, di misure organizzative e disciplinari idonee ad evitare la situazione di pericolo, nonché la prova dell’imprevedibilità e repentinità dell’evento” (cfr. Cassazione civile sez. I, 9 maggio 2016, sent. n. 9337; Cass. Civ., sez. III, 13 novembre 2015, n. 23202; Cass. Civ., sez. III, 4 febbraio 2014, n. 2413; Cass. Civ., Sez. III, 18 aprile 2001, n. 5668; Cass. Civ., sez. III, 3 febbraio 1999, n. 916). Si rammenta, inoltre, che “il personale scolastico non può essere considerato responsabile per culpa in vigilando del danno autocagionatosi da un alunno con un’azione repentina ed imprevedibile” (Cass. Civ., sez. III, 13 maggio 1995, n. 5268; Cass., sez. III, 3 giugno 1993 n. 4945). La responsabilità è poi graduata: il dovere di vigilanza non ha carattere assoluto, bensì relativo; contenuto ed esercizio risultano inversamente proporzionali all’età e al normale grado di maturazione degli alunni (Cass. Civ. sez. III, 19 luglio 2016 n. 14701; Cass. Civ., sez. III, 4 ottobre 2013 n. 22752; Cass. Civ., sent. 6937/1993). Ciò significa che, se per gli alunni della scuola primaria difficilmente rileva l’autonomia del minore nel valutare ed evitare potenziali fonti di pericolo, per gli alunni di età via via maggiore l’apprezzamento delle modalità di esercizio del dovere di vigilanza va condotto in termini non astratti, assumendo a riferimento lo specifico contesto ambientale in cui si svolge l’uscita da scuola o il rientro autonomo a casa.

Eventuale responsabilità penale

La responsabilità del minorenne risulta distinta fra ambito civile (in detta ipotesi, si dovrà prendere in considerazione, difatti, la capacità di intendere e di volere del minore – vedi artt. 2046, 2047 e 2048 c.c.) e penale. In quest’ultimo ambito, la mancata sorveglianza di un minore di anni quattordici o di una persona incapace, da parte del soggetto che ne ha la custodia, comporta l’incorrere nel reato di abbandono di persone minori o incapaci ex art. 591 c.p.. Si evidenzia che, mentre in ambito penale, ai sensi dell’art. 97 c.p., vi è una presunzione assoluta di non imputabilità del minore di anni 14 (e solo per l’infradiciottenne, il giudice di merito accerta in concreto la sussistenza della capacità di intendere e di volere, intese rispettivamente come consapevolezza del disvalore sociale del fatto di reato e come capacità di autodeterminazione; cfr., Cassazione penale, sez. V, 17 gennaio 2012), in ambito civile, il giudice può valutare, ex art. 2046 del c.c., anche nel caso di minore di età inferiore ai 14 anni , il grado di sviluppo fisico ed intellettivo, la capacità di percepire l’illiceità dell’azione posta in essere, così come l’attitudine ad autodeterminarsi (cfr. Cass. 28 aprile 1975, n. 1642).

Possibili aspetti operativi correlati alle competenze delle istituzioni scolastiche

Le prassi precedentemente in uso

Si è avuto modo di verificare che talvolta le scuole, prima della recente modifica legislativa, ricorrevano all’utilizzo delle c.d. “liberatorie” a firma dei genitori, al fine di esonerare l’Istituzione scolastica dalla responsabilità nei confronti degli alunni una volta usciti da scuola. E’ doveroso sottolineare che eventuali diciture quali “si libera o solleva da ogni responsabilità l’istituzione scolastica” sono prive di fondamento giuridico, poiché la responsabilità relativa alla sorveglianza permane comunque in capo alla scuola, a prescindere da detti moduli sottoscritti dalle famiglie. Come già sottolineato dall’Avvocatura dello Stato di Bologna, tali autorizzazioni, anziché escludere la responsabilità della scuola, possono addirittura rilevare quali elementi “a carico” (consapevolezza da parte della scuola di una modalità di uscita non aderente al dettato normativo e, quindi, ammissione implicita della omissione di vigilanza degli allievi) in ipotesi eventuale di giudizio risarcitorio.

Una possibile dichiarazione dei genitori

La sopracitata legge 4 dicembre 2017, n. 172, all’art. 19 bis, dispone quanto segue in materia di uscita dei minori di 14 anni dai locali scolastici:

1. I genitori esercenti la responsabilità genitoriale, i tutori e soggetti affidatari ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184, dei minori di 14 anni, in considerazione dell’età di questi ultimi, del loro grado di autonomia e dello specifico contesto, nell’ambito di un processo volto alla loro autoresponsabilizzazione, possono autorizzare le istituzioni del sistema nazionale di istruzione a consentire l’uscita autonoma dei minori di 14 anni dai locali scolastici al termine dell’orario delle lezioni. L’autorizzazione esonera il personale scolastico dalla responsabilità connessa all’adempimento dell’obbligo di vigilanza.
2. L’autorizzazione ad usufruire in modo autonomo del servizio di trasporto scolastico, rilasciata dai genitori esercenti la responsabilità genitoriale, dai tutori e dai soggetti affidatari dei minori di 14 anni agli enti locali gestori del servizio, esonera dalla responsabilità connessa all’adempimento dell’obbligo di vigilanza nella salita e discesa dal mezzo e nel tempo di sosta alla fermata utilizzata, anche al ritorno dalle attività scolastiche.

In ragione del predetto disposto normativo, si suggerisce ai Dirigenti Scolastici, all’inizio di ciascun anno scolastico, di proporre ai genitori che desiderano far uscire autonomamente il figlio da scuola, la firma di una dichiarazione di autorizzazione nella quale, sulla base di una serie di circostanze relative al minore ed al suo rapporto con la scuola (quali, ad esempio, la valutazione del livello di maturità del minore medesimo, l’ubicazione della scuola rispetto all’abitazione, la valutazione del percorso da compiere, l’effettuata verifica che il figlio sia in grado di compierlo da solo, etc.), questi si assumono la responsabilità in ordine all’uscita autonoma dei minori di anni 14 dai locali scolastici al termine dell’orario delle lezioni. A tali fini si offre in allegato alla presente un possibile fac–simile di dichiarazione. Le SS.LL. potranno ovviamente variare tale modello come ritenuto più opportuno, anche tenendo conto delle situazioni in cui i genitori intendano fare autonomamente usufruire del servizio di trasporto scolastico i propri figli minori di anni 14.

Nella stessa dichiarazione i genitori potrebbero altresì precisare di aver provveduto ad assicurare al figlio la necessaria educazione in ordine ai comportamenti corretti da assumersi e che, quindi, quest’ultimo è da loro autorizzato a svolgere determinate attività (partecipare a progetti/eventi organizzati dalla scuola; rientrare a casa da solo, etc.). Detta autorizzazione, piuttosto che una cd. “liberatoria”, costituirebbe una sorta di “dichiarazione di consapevolezza” dei genitori, da ritenersi quindi quale assunzione di responsabilità educativa della famiglia, ovvero “presa in carico” da parte della stessa. Sulla base del nuovo dettato normativo, detta autorizzazione esonererebbe “il personale scolastico dalla responsabilità all’adempimento dell’obbligo di vigilanza” e, nel caso di autorizzazione ad usufruire in modo autonomo del servizio di trasporto scolastico, esonererebbe dalla “responsabilità connessa all’adempimento dell’obbligo di vigilanza nella salita e discesa dal mezzo e nel tempo di sosta alla fermata utilizzata, anche al ritorno dalle attività scolastiche”. Si è volutamente utilizzato il condizionale visto che, trattandosi di norma di recentissima formulazione, non è allo stato possibile prevedere i risvolti giuridici e/o processuali, anche a livello di concreta interpretazione della novella. Chiaramente, detto modus operandi dovrà esercitarsi in maniera differente a seconda del grado della scuola. Per la scuola primaria parrebbe opportuno utilizzare detta fattispecie in via residuale ed eccezionale e, di regola, il regolamento d’istituto dovrebbe prevedere l’uscita degli alunni accompagnati dai genitori o altri maggiorenni delegati dai primi (salvo diverse precise diverse determinazioni). Per la scuola secondaria, invece, parrebbe opportuno che il regolamento d’istituto disciplini l’uscita da scuola in relazione alle condizioni di luogo ed in relazione all’età dei minori, tenuto conto della graduale acquisizione di autonomia.

Riconsiderazione delle prassi

In definitiva, sottolineata l’impossibilità di enunciare una condotta universalmente valida, in ragione della varietà delle situazioni che potrebbero verificarsi – situazioni che, nell’eventualità, dovranno essere valutate attentamente con riferimento al caso specifico e concreto – e ai fini di una condotta “diligente” da parte delle Istituzioni scolastiche in indirizzo, pare utile raccomandare alle SS.LL. – al fine di confermarle o, ove necessario, modificarle – una riconsiderazione delle prassi in uso, avendo particolare riguardo a:

– valutare compiutamente le fonti di rischio, ad esempio, con il supporto del responsabile SPP, della polizia municipale, della protezione civile e/o mediante la ricorrenza statistica di certi eventi nel particolare contesto in cui la scuola è ubicata;
– individuare insieme alle famiglie ed alle amministrazioni locali competenti per il trasporto scolastico, soluzioni organizzative – attuabili anche in collaborazione con le associazioni di volontariato del territorio – ragionevolmente atte a scongiurare che le fonti di pericolo si tramutino in danno per gli alunni; 
– valutare con attenzione le previsioni da inserire (o, nel caso, non inserire) all’interno del regolamento di istituto (art. 10, D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297) in merito alle modalità, alle persone, agli spazi ed all’arco temporale in cui si esplica la vigilanza degli alunni, in relazione al grado di scuola;
– avere cura, nell’individuazione delle modalità di organizzazione dell’uscita al termine delle lezioni, di adottare soluzioni graduali e coerenti con la progressiva e crescente acquisizione di autonomia dei minori (ad es. evitando soluzioni drasticamente differenti nel delicato momento di passaggio tra la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado).
– acquisire, ad inizio di ciascun anno scolastico, le anzidette “dichiarazioni di consapevolezza/autorizzazioni” da parte del maggior numero possibile delle famiglie degli alunni iscritti, organizzando l’uscita con modalità differenziate, a seconda che le famiglie abbiano ritenuto, o meno, di sottoscrivere le predette dichiarazioni.

L’attenzione alle polizze assicurative

È necessario che ogni Istituzione scolastica stipuli – come di consueto – apposita polizza assicurativa, i cui estremi dovranno essere forniti tempestivamente agli infortunati (o a chi esercita la potestà genitoriale, ove minore). In assenza di copertura assicurativa, difatti, a rispondere patrimonialmente è l’Amministrazione, fatta salva l’azione di rivalsa nei confronti del personale scolastico tenuto alla vigilanza, nei casi di dolo o colpa grave. Qualora dovesse verificarsi un sinistro sarà cura della Istituzione scolastica coinvolta denunciare tempestivamente alla società assicuratrice quanto avvenuto: tenuta a rispondere dei danni, seppur entro i limiti dei massimali assicurati, è, infatti, la compagnia assicuratrice che dovrà essere coinvolta quanto prima. A questo proposito si rammenta alle SS.LL. di esaminare e scegliere con attenzione le polizze assicurative, in quanto i contratti predisposti dalle compagnie non sempre offrono adeguate garanzie per l’Amministrazione, troppe volte citata direttamente in giudizio dal danneggiato. Si ricorda che le società assicuratrici – che intervengono nei giudizi solo se chiamate in causa dall’Amministrazione – potrebbero eccepire in via preliminare l’improponibilità della domanda di garanzia, laddove la scuola non risulti beneficiaria diretta della polizza. Pertanto, ai fini della responsabilità civile, in virtù del predetto rapporto di immedesimazione organica tra Amministrazione e propri dipendenti, si raccomanda che nella polizza venga specificato che contraente e beneficiaria è “l’Amministrazione scolastica per il fatto dei propri docenti, alunni ecc..”, posto che solo con tale previsione l’Amministrazione potrà far valere in giudizio il contratto di assicurazione ed esercitare sull’assicuratore la predetta azione di garanzia.

Obbligo di vigilanza alunni maggiorenni e polizze assicurative

Nelle more della predisposizione della presente nota, è intervenuta una sentenza della Corte di Cassazione, terza sez. civile, del 31 gennaio 2018, n. 2334, che ha esteso la presunzione di responsabilità posta a carico degli insegnanti ex art. 2048, 2 comma cc. a tutte le ipotesi di omesso adempimento di uno specifico obbligo di vigilanza, a prescindere dalla minore o maggiore età dell’alunno. Gli insegnanti sono tenuti a vigilare sugli alunni e a impedire che costoro commettano fatti illeciti, a pena di responsabilità. Tale obbligo non cessa con il raggiungimento della maggiore età da parte degli studenti, dovendosi comunque intendersi in senso relativo, ovvero inversamente proporzionale al grado di maturità dei discenti. Pertanto, il docente deve predisporre le misure organizzative idonee ad evitare danni, proporzionalmente al livello di autosufficienza raggiunto dagli allievi “nella gestione della propria condotta nell’ambito in cui si trovano e nell’attività che vi stanno svolgendo”. In sostanza, “è la prevedibilità dell’evento dannoso, nel senso più lato del termine (ovvero inclusivo pure di prevenibilità/evitabilità) che individua al negativo il contenuto dell’obbligo di vigilanza dell’insegnante, id est determina in che cosa deve consistere la vigilanza per evitare l’evento dannoso prevedibile”. Già in precedenza la Corte di Cassazione (sent. 15 maggio 2013 n. 11751) aveva affermato che “la domanda e l’accoglimento di iscrizione alla frequenza della scuola fondano un vincolo giuridico tra l’allievo e l’istituto. Da tale vincolo scaturisce, a carico dei dipendenti dell’istituto, appartenenti all’apparato organizzativo dello Stato, accanto all’obbligo principale di istruire ed educare, quello accessorio di proteggere e vigilare sull’incolumità fisica e sulla sicurezza degli allievi, sia per fatto proprio, adottando tutte le precauzioni del caso, che di terzi, fornendo le relative indicazioni ed impartendo le conseguenti prescrizioni. Questi obblighi sono da adempiere, per il tempo in cui gli allievi fruiscono della prestazione scolastica, con la diligenza esigibile dallo status professionale rivestito, sulla cui competenza e conseguente prudenza costoro hanno fatto affidamento, anche quali educatori e precettori del comportamento civile e della solidarietà sociale, valori costituzionalmente protetti, e da inculcare senza il limite del raggiungimento della maggiore età dell’allievo”. In termini assicurativi, il predetto orientamento interpretativo consiglia le scuole del secondo ciclo, o che attivino corsi per adulti, a tenerne conto nella negoziazione delle polizze assicurative, inserendo clausole specifiche aventi ad oggetto “Responsabilità civile. Obbligo di vigilanza. Alunni maggiorenni”, ad esempio del seguente tenore: “Con riferimento alla assicurazione per la responsabilità civile, le garanzie assicurative previste nella presente polizza operano per i danni cagionati a terzi o a se stessi dagli alunni sottoposti alla vigilanza, a prescindere dal raggiungimento della maggiore età”.

Interventi educativi

E’ comprensibile che quanto fin qui richiamato suggerisca attenzione nei confronti dei regolamenti delle Istituzioni scolastiche, eventualmente rivedendo quelli già assunti o redigendone di nuovi, in quanto tali regolamenti sono fonte di responsabilità in ipotesi di inosservanza. Tuttavia, essendo la scuola anzitutto luogo educativo di istruzione, è bene che alla solerzia formale si accompagni, come di consueto, l’impegno costante a rinforzo del rapporto scuola-famiglia, nell’ambito del patto di corresponsabilità educativa. In questo ambito sarà conveniente attivare interventi sostanziali, individuando – in maniera condivisa con le famiglie – soluzioni organizzative maggiormente atte, anche nel momento dell’uscita da scuola, a scongiurare pregiudizio all’incolumità fisica degli alunni. Pare altresì utile suggerire, oltre le ordinarie attività didattiche e progettuali per l’educazione stradale degli studenti, che le Istituzioni scolastiche dell’Emilia-Romagna, almeno per i primi mesi di frequenza della classe 1^ della scuola secondaria di I grado (posto che gli alunni che passano dalla primaria al I grado sono quelli statisticamente più coinvolti negli incidenti di che trattasi) realizzino una sorta di “percorso di inserimento”, volto alla sensibilizzazione in ordine alle possibili fonti di rischio, alla conoscenza delle regole che la scuola si è data per rendere ragionevolmente sicuro il momento dell’uscita e, non da ultimo, alla maturazione dell’autonomia dei minori. Questi “percorsi di inserimento” andranno attivati, se del caso, avendo a riferimento la concreta e specifica condizione di contesto (logistica, viaria, territoriale, sociale…) in cui il singolo plesso scolastico è collocato. Non si tratta infatti di divulgare generiche indicazioni volte alla sicurezza, quanto piuttosto di impartire specifiche indicazioni e istruzioni comportamentali volte alla riduzione dei rischi specifici di contesto.