USA: la Civic Capacity migliora l’educazione

Il successo delle riforme educative dipende non solo e non tanto dall’ammontare delle risorse finanziarie, o dalla struttura dei curricula, o dalla disponibilità e qualità dei presidi e degli insegnanti, o dal coinvolgimento delle famiglie e del territorio (aziende, enti locali, associazioni…), ma dalla sinergia tra tutti questi attori e fattori: è ciò che Barry Franklin, professore di Storia dell’educazione nell’università statale dello Utah (USA) definisce “Civic Capacity”, un vero e proprio valore aggiunto, dalla cui esistenza e consistenza dipende la qualità della scuola.

Il professore ne ha parlato lo scorso venerdì 21 maggio in occasione della lectio magistralis svolta nell’ambito del dottorato di ricerca in Scienze dell’educazione promosso dalla facoltà di Lettere dell’università di Roma Tor Vergata.

Lo studioso ha applicato questo suo modello interpretativo in alcuni contesti specifici sia negli USA sia in Gran Bretagna, giungendo alla conclusione che la stretta collaborazione (social partnership) tra soggetti che esprimono una comune e convergente sensibilità per i problemi da affrontare – cioè un elevato grado di Civic Capacity – costituisce un fattore decisivo per il miglioramento dell’offerta educativa. Per favorire lo sviluppo del senso di appartenenza ad una comunità, sostiene Franklin, occorre che le scuole non siano troppo grandi (l’ideale è che abbiano tra 200 e 500 alunni).

Nella sua esperienza, anche internazionale, la divisione delle mega-scuole in unità più piccole ha prodotto di per sé miglioramenti strutturali, sia nei risultati medi di apprendimento sia nel recupero degli alunni più deboli e a rischio di drop out, e anche nel comportamento degli studenti.

Anche il coinvolgimento dei privati nella gestione delle scuole, che nel mondo anglosassone è visto con favore, va visto e valutato alla luce della Civic Capacity, cioè di un parametro che si colloca su un terreno non economico, ma etico-sociale. La sottolineatura dell’importanza della dimensione comunitaria e partecipativa nella costruzione del processo educativo, di sapore deweyano, spiega anche l’assoluta ostilità di Franklin per il fenomeno dell’homeschooling, che con la sua esaltazione dell’individualismo si pone in perfetta antitesi con la Civic Capacity.