
Unicità della funzione docente/2: la laurea non è più una vera differenza
La differenza retributiva tra docenti dei vari ordini di scuola, secondo qualcuno è anche motivata dal fatto che nella secondaria il titolo di studio per insegnare è (quasi sempre) la laurea, mentre nella scuola primaria è il diploma. Laureati da una parte e diplomati dall’altra.
Però questa è una verità che ormai ha fatto il suo tempo, per due ordini di ragioni.
Innanzitutto, da oltre dieci anni la formazione di base di chi deve insegnare nella scuola primaria è la laurea quinquennale in scienze della formazione primaria.
In secondo luogo già oggi sono molti i laureati che insegnano nella scuola primaria (e gradualmente i futuri insegnanti non potranno che essere tutti laureati).
Più esattamente il 28,7% dei docenti di ruolo nella scuola primaria è in possesso di almeno una laurea. Vi sono province in cui il 40% e più dei maestri è laureato, con la punta di Pesaro che tocca quota 47,2% e Pescara il 45,3%. Non sono da meno, con valori a cavallo del 40% le province di Ferrara, Bologna, Roma, Ancona, Genova, Rimini e Macerata.
Tra le regioni registrano le più alte percentuali di maestri laureati le Marche (41,1%), il Lazio, l’Abruzzo, l’Umbria e l’Emilia Romagna.
La regione con la minor percentuale di maestri laureati è la Lombardia con il 20,6%, seguita dalla Basilicata, Sardegna, Calabria e Piemonte.
Quando anno dopo anno, con reclutamento di nuovi docenti e pensionamento dei più anziani i maestri laureati diventeranno la quasi totalità, come si potrà sostenere una retribuzione differenziata tra laureati?
Perché conseguire una laurea con corso quinquennale per essere pagati meno e lavorare di più di un collega con laurea uguale?
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