Una guerra (quasi) di religione intorno ad una norma che non c’è più

Nella stagione dell’autonomia – avviata nella seconda metà degli anni ’90 con la legge-delega n. 59/1997 – nel Regolamento delle istituzioni scolastiche autonome (DPR 275/1999) c’era stata la preoccupazione di rimuovere, abrogandole, le disposizioni del Testo unico sull’istruzione (decreto legislativo 297/1994) che potevano essere di ostacolo al nuovo respiro autonomistico delle scuole.

Sotto la mannaia del Regolamento dell’autonomia caddero ben 38 articoli del Testo unico, cancellati interamente o parzialmente dal sistema scolastico.

Tra questi vennero abrogati i primi due commi dell’art. 185, relativo all’esame di licenza media e alla commissione esaminatrice, che riguardavano (comma 1) le materie d’esame (tutte le discipline di studio obbligatorie) e (comma 2) il colloquio pluridisciplinare su queste materie.

Non venne abrogato, inspiegabilmente, il successivo comma 3 (La Commissione esaminatrice dell’esame di licenza é composta di tutti i docenti delle terze classi della scuola che insegnino le materie di cui al primo comma), nonostante facesse riferimento al collegamento dei docenti alle corrispondenti materie d’esame non più previste dal comma 1 abrogato.

La cancellazione tardiva di quel superato comma residuo è venuta soltanto l’anno scorso con il nuovo dispositivo sulla valutazione degli alunni (d.lgs. 62/2017) il quale, considerando anche che non vi era più il legame diretto tra le materie d’esame e i corrispondenti insegnanti, ha disposto in sua sostituzione che tutti i docenti della classe facciano parte della Commissione (“è costituita la commissione d’esame, articolata in sottocommissioni per ciascuna classe terza, composta dai docenti del consiglio di classe”).

Sono, pertanto, entrati di diritto in commissione d’esame i docenti di religione e quelli di attività alternative. Per questo ingresso, forse inatteso, si è costituito un fronte contrario che cerca di utilizzare quell’art. 185, cancellato dal sistema quasi vent’anni fa, come cavallo di battaglia per denunciare presunte manovre della Buona Scuola contro la laicità dello Stato.