Un dimensionamento da controllare e ridefinire

Si era parlato qualche settimana fa di revisione del dimensionamento delle istituzioni scolastiche autonome, ma nel testo finale del decreto legge 112 del 25 giugno scorso di questo problema non si fa cenno. Sembra, però, che in sede di conversione in legge, l’argomento possa rientrare tramite qualche emendamento.

Dieci anni fa, quando è stata avviata la procedura per attribuire l’autonomia alle istituzioni scolastiche, il requisito dimensionale (popolazione scolastica) ha costituito la condizione sine qua non per l’attribuzione della personalità giuridica e dell’autonomia alle istituzioni scolastiche.

Con Dpr 233/1998 sono stati definiti i livelli essenziali del dimensionamento, fissando i limiti minimi e massimi in 500 e 900 alunni, con l’eccezione (300-500) per i territori montani.

Il compito di applicare tali parametri e individuare la rete scolastica sui territori è stato assegnato alle Regioni; le proposte di attuazione sono state riservate ai Comuni.

Il dimensionamento è partito di fatto dal 2000, è stato qua e là ritoccato qualche anno dopo, ma è rimasto sostanzialmente invariato, nonostante vi siano state nel corso di questo periodo dinamiche demografiche di notevole portata, tali da incidere proprio sulle dimensioni delle scuole.

Mentre nelle regioni del Sud e delle Isole il numero gli alunni (materia prima per il dimensionamento delle istituzioni scolastiche) diminuiva di circa 195 mila unità, nelle regioni del Nord sfiorava, in aumento, le 300 mila unità. Nel medesimo periodo, delle 10.825 istituzioni scolastiche inizialmente dimensionate, 63 sono state cancellate (lo 0,6%), di cui metà nelle aree meridionali (colpite da depressione demografica) e metà nel resto d’Italia in espansione di alunni. Difficile pensare che siano stati applicati criteri omogenei.