
Tornano i giudizi sintetici alla Primaria: tutto quello che c’è da sapere

Tornano i giudizi sintetici alla primaria. Valutare non è mai stato semplicemente un atto tecnico, un freddo calcolo per quantificare ciò che è stato appreso. Valutare è un gesto carico di significato, un dialogo silenzioso che parla al cuore di chi cresce, un ponte costruito con pazienza e fiducia tra ciò che un bambino è oggi e ciò che può diventare domani. È molto di più che misurare: è riconoscere, guidare, sostenere. È guardare dentro con attenzione, scorgere potenzialità latenti, illuminare percorsi e accendere il desiderio di andare oltre. Valutare è educare nel senso più profondo e autentico del termine. Nella scuola primaria, questo gesto assume una potenza straordinaria, perché è qui che si costruiscono le fondamenta di tutto. Tra i primi tentativi di scrivere il proprio nome e i primi numeri scarabocchiati sul quaderno, si plasma qualcosa di molto più grande: il senso di appartenenza, il valore della relazione, la consapevolezza di sé come parte di una comunità. È un luogo dove il sapere incontra l’essere, dove ogni lezione non si limita a formare la mente, ma comincia a scolpire il carattere. Qui, il bambino impara non solo a leggere, scrivere e far di conto, ma a vivere, a riconoscere le regole e il loro significato, a rispettare sé stesso e gli altri. Valutare, in questo contesto, diventa un atto di cura, un modo per accompagnare con delicatezza un’anima in crescita, per modellare con rispetto e amore il cittadino del futuro. È il momento in cui la scuola non solo misura, ma educa a pensare, a sentire, a condividere. È il primo passo verso una società più consapevole, dove il rispetto delle regole non è solo un obbligo, ma una scelta consapevole, un atto di responsabilità verso gli altri e verso il mondo. In queste aule, dove il sapere si mescola alla scoperta di sé e degli altri, ogni voto, ogni giudizio, ogni parola di incoraggiamento diventa una tessera di un mosaico più grande: quello della crescita personale. E la scuola primaria, con i suoi maestri e le sue maestre, non è solo il luogo dell’apprendimento, ma il laboratorio dove si forgiano cittadini, dove si intrecciano sogni, dove il futuro prende forma, un gesto alla volta, una parola alla volta, un sorriso alla volta.
La scuola primaria è il primo laboratorio di democrazia, dove i bambini imparano a essere cittadini del mondo, a gestire emozioni e relazioni, a muoversi in un contesto di diritti e doveri. Qui, i maestri e le maestre non sono solo trasmettitori di conoscenza, ma architetti del futuro. Con pazienza e dedizione, modellano la crescita dei loro alunni, utilizzando strumenti semplici ma potentissimi: non solo i voti, ma anche gli sguardi, i sorrisi, i gesti gentili, la capacità di incoraggiare o di correggere con una fermezza che non ferisce. È un lavoro che richiede non solo competenza, ma una profonda umanità, quella capacità di proiettare sé stessi verso il bambino, trasmettendo fiducia e sicurezza.
In questo processo, la valutazione assume un ruolo strategico. Non è solo uno strumento per misurare ciò che si è appreso, ma un mezzo per rafforzare, per incoraggiare e per creare quel legame imprescindibile tra scuola e famiglia. È nel dialogo che nasce da una valutazione ben fatta che si costruisce la sintonia d’intenti, con al centro il benessere del bambino, la sua crescita emotiva e formativa. È nelle aule colorate della scuola primaria, dove la fiducia prende forma e il voto diventa una narrazione della scoperta, che si accende la passione per lo studio, il piacere di apprendere, la gioia di sentirsi parte di una comunità di piccoli esploratori del sapere. La Legge 150 del 2024 si inserisce in questo contesto come una risposta a una necessità di semplicità e chiarezza. Il ritorno ai giudizi sintetici può essere in questo senso una scelta ponderata, che unisce tradizione e innovazione. Una riforma che riconosce il valore della sintesi, dell’immediatezza, dell’accessibilità, ponendo al centro non solo ciò che si apprende, ma il modo in cui questo apprendimento viene percepito e vissuto. È una decisione che tiene conto delle neuroscienze, le quali dimostrano come il cervello umano risponda in modo più efficace a feedback chiari e positivi. Ricevere un giudizio come “ottimo” o “buono” non è solo comprendere un risultato, ma sentirsi accolti, apprezzati, visti.
Evoluzione storica della valutazione nella scuola primaria in Italia
La storia della valutazione nella scuola primaria italiana ha radici che risalgono al XIX secolo, con l’istituzione delle scuole elementari obbligatorie a seguito della Legge Casati del 1859. Questa norma, che regolamentava l’intero sistema educativo del Regno di Sardegna, e successivamente del Regno d’Italia, prevedeva un sistema valutativo basato su un rigido controllo delle conoscenze, funzionale all’obiettivo di alfabetizzare le masse e creare una popolazione istruita per le esigenze dello Stato unitario. I metodi di valutazione erano perlopiù numerici, incentrati sul giudizio delle performance scolastiche, senza tenere conto dello sviluppo globale del bambino.
Con la Legge Coppino del 1877, che rese obbligatoria e gratuita l’istruzione elementare fino ai 9 anni, si consolidò l’uso dei voti numerici per classificare gli studenti. Questo sistema rimase invariato fino al periodo fascista, quando la Riforma Gentile del 1923 introdusse un’organizzazione scolastica altamente gerarchica e selettiva. In questa fase, la valutazione non era solo un giudizio di merito scolastico, ma anche uno strumento di controllo sociale, volto a premiare l’eccellenza e scoraggiare chi non riusciva a raggiungere i risultati richiesti.
Nel secondo dopoguerra, la Costituzione Italiana del 1948 sancì il diritto all’istruzione per tutti, con l’articolo 34 che stabiliva che “la scuola è aperta a tutti”. Questo portò a una graduale trasformazione della valutazione, orientandola verso un approccio più inclusivo e formativo. Tuttavia, il sistema numerico rimase in uso fino alla fine degli anni ’70, quando si cominciò a discutere la necessità di una riforma più moderna e attenta ai bisogni degli studenti.
Con l’introduzione della Legge n. 517 del 4 agosto 1977, si avviò un cambiamento significativo: furono abolite le pagelle numeriche nelle scuole elementari, sostituite da giudizi globali che dovevano tener conto dello sviluppo complessivo dell’alunno, inclusi aspetti come il comportamento e la partecipazione. Questa norma rappresentò un primo passo verso una valutazione più qualitativa e centrata sul bambino.
Negli anni ’90, la Legge n. 148 del 5 giugno 1990 reintrodusse i voti numerici, ma con una nuova scala da 1 a 10, accompagnati da descrizioni che dovevano contestualizzare i risultati scolastici. Questo equilibrio tra numeri e descrizioni aveva lo scopo di combinare sintesi e approfondimento.
Un ulteriore cambiamento avvenne con la Legge n. 169 del 30 ottobre 2008, che reintrodusse i voti numerici pur mantenendo l’obbligo di una valutazione complessiva dell’alunno, comprese le competenze non cognitive. Tuttavia, questo sistema fu nuovamente modificato nel 2020, con l’introduzione di giudizi descrittivi strutturati in quattro livelli di apprendimento (Decreto Legislativo 62/2017 e Ordinanza Ministeriale 172/2020), ritenuti più adatti a riflettere il processo di apprendimento.
La Legge n. 150 del 2024 rappresenta l’ultimo capitolo di questa evoluzione. Essa sancisce il ritorno ai giudizi sintetici, combinati con descrizioni dettagliate, per rendere la valutazione più chiara, accessibile e immediata, ma senza rinunciare a un’analisi approfondita del percorso educativo degli alunni. Questo cambiamento mira a coniugare le esigenze di sintesi con quelle di trasparenza e comunicazione, evidenziando come la valutazione non sia solo un atto tecnico, ma anche un mezzo per rafforzare il dialogo educativo tra scuola, studenti e famiglie.
La valutazione nella scuola primaria in altri paesi del mondo
I sistemi di valutazione nella scuola primaria riflettono le specificità culturali ed educative dei vari paesi del mondo, adattandosi alle priorità sociali e ai valori fondamentali di ciascuna nazione. Nei paesi nordici, come Finlandia e Norvegia, l’approccio è principalmente formativo e qualitativo. Qui, la valutazione si concentra sul processo di apprendimento, offrendo agli studenti feedback dettagliati e personalizzati che valorizzano il progresso individuale. L’obiettivo non è solo quello di misurare, ma di incoraggiare l’autonomia e la motivazione, riducendo al contempo la pressione sui bambini. Questo metodo è strettamente legato alla promozione di un ambiente scolastico sereno e collaborativo, dove ogni alunno si sente parte di una comunità educativa inclusiva.
Negli Stati Uniti, invece, il sistema di valutazione varia a seconda dei distretti scolastici, ma è comune l’uso di lettere, come A, B, C, D e F, per rappresentare il livello di competenza raggiunto. Queste lettere, spesso associate a percentuali o punteggi numerici, sono utilizzate per indicare il rendimento accademico in relazione agli standard definiti a livello locale o statale. Questo approccio riflette una cultura educativa che combina il monitoraggio delle performance individuali con la necessità di garantire un certo grado di uniformità nei criteri di valutazione.
In Giappone, la valutazione pone un forte accento sul comportamento e sull’impegno degli studenti. Oltre a misurare le competenze accademiche, gli insegnanti prestano particolare attenzione alla capacità dei bambini di rispettare le regole, collaborare con i compagni e mostrare diligenza nello studio. Questo sistema è profondamente radicato nei valori culturali giapponesi, che enfatizzano l’importanza della disciplina e della coesione sociale. In Cina e Corea del Sud, il sistema di valutazione si distingue per la sua forte enfasi sui risultati accademici. Gli studenti sono sottoposti a frequenti test standardizzati e valutazioni numeriche che mirano a misurare le conoscenze acquisite e le capacità di memorizzazione. Questo approccio riflette un sistema educativo altamente competitivo, in cui il successo accademico è percepito come la chiave per l’avanzamento sociale e professionale.
Questi contrasti tra i vari paesi del mondo evidenziano come la valutazione non sia solo un atto educativo, ma anche un’espressione delle priorità culturali e sociali di una nazione. Nei paesi nordici, si privilegia un approccio olistico che promuove il benessere dello studente, mentre nei paesi asiatici si sottolinea l’importanza della performance accademica e del successo misurabile. Negli Stati Uniti e in Giappone, la valutazione si situa a metà strada, bilanciando risultati accademici e aspetti comportamentali. Questa diversità offre una ricchezza di modelli da cui trarre ispirazione, sottolineando l’importanza di un sistema di valutazione che sia non solo efficace, ma anche in armonia con i bisogni e i valori della società a cui è destinato.
Il nuovo corso della valutazione in Italia: la Legge 150/2024
La Legge 1 ottobre 2024, n. 150, rappresenta un momento di svolta per il sistema di valutazione nella scuola primaria italiana, segnando il ritorno ai giudizi sintetici per descrivere i progressi degli alunni. Questo cambiamento, introdotto dal governo con lo scopo di rendere la valutazione più chiara e immediatamente comprensibile agli alunni e alle loro famiglie, risponde all’esigenza di garantire trasparenza e di facilitare il dialogo tra scuola e famiglia. L’evoluzione normativa pone l’accento sulla necessità di rendere la comunicazione educativa più semplice, ma al contempo incisiva, e di garantire un maggiore equilibrio tra la valutazione degli apprendimenti e quella del comportamento.
La riforma si inserisce in un contesto che, dal 2020, aveva adottato giudizi descrittivi articolati in quattro livelli di apprendimento. La nuova normativa mira a superare tali limiti, stabilendo che, a partire dall’anno scolastico 2024/2025, la valutazione periodica e finale degli apprendimenti, compresa l’educazione civica, si basi su giudizi sintetici corredati da descrizioni chiare e puntuali dei livelli raggiunti. Una scelta che intende coniugare semplicità e precisione, facilitando una comprensione condivisa dei progressi scolastici.
Il nuovo sistema vede dunque il ritorno di una scala di giudizi che comprende termini come “ottimo”, “distinto”, “buono”, “discreto”, “sufficiente” e “non sufficiente”. Ogni giudizio sintetico sarà accompagnato da una descrizione analitica, mantenendo un equilibrio tra immediatezza e profondità, per consentire ai genitori e agli studenti di comprendere appieno il significato della valutazione.
Altro aspetto fondamentale della riforma è l’attenzione riservata alla valutazione del comportamento. Gli insegnanti, in modo collegiale, saranno chiamati a esprimere un giudizio sintetico anche sul comportamento degli alunni, unendo l’osservazione quotidiana a un’analisi educativa che mira a valorizzare atteggiamenti positivi e costruttivi. Questo approccio sottolinea il ruolo del comportamento non solo come elemento complementare agli apprendimenti, ma anche come dimensione chiave per la formazione delle competenze di cittadinanza.
Il ritorno ai giudizi sintetici comporta importanti implicazioni per il sistema educativo. Le scuole saranno chiamate ad adeguare i criteri di valutazione e gli strumenti operativi, aggiornando registri elettronici e documenti ufficiali per garantire un’applicazione efficace e coerente delle nuove disposizioni. Sarà inoltre cruciale promuovere un dialogo aperto con le famiglie, offrendo informazioni chiare e accessibili che consentano di comprendere appieno la portata del cambiamento. La riforma non si limita a un aggiornamento tecnico, ma ambisce a ridefinire il senso stesso della valutazione come momento di crescita, dialogo e responsabilità condivisa tra scuola, studenti e famiglie.
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