Timori e difesa del Miur in vista dell’udienza della Corte di giustizia europea

Al Miur non dormono certamente sonni tranquilli in attesa del 27 marzo, quando la Corte di giustizia europea pronuncerà la parola definitiva sull’annosa questione della stabilizzazione del personale scolastico precario. Ancora più preoccupati al Ministero dell’economia (Mef) per il timore che una sentenza sfavorevole possa scaricare sulle casse statali un peso considerevole che potrebbe arrivare, arretrati compresi, a diversi miliardi di euro.

Cosa potrebbe fare ora il ministero dell’Istruzione, chiamato in causa per questa vertenza storica?

Dal Miur, come riferiscono voci fondate, arriva la conferma che anche questa volta, come due mesi fa, verrà preparata una memoria difensiva, basata sul dichiarato impegno del governo italiano per risolvere il problema dei precari, mediante un piano di stabilizzazione, compatibilmente con le esigenze del sistema e le risorse disponibili.

Se la Corte di giustizia non dovesse accettare queste “giustificazioni”, l’Italia rischierebbe, per inadempimento, sanzioni economiche pesantissime, oltre ai costi per stabilizzare i precari.

La carta da giocare da parte del Miur è l’art. 15 della legge 128/2013 “L’istruzione riparte” che prevede un piano triennale, già avviato, per la copertura dei posti vacanti del personale docente, educativo e Ata. È previsto anche un piano triennale, già avviato, su posti di sostegno agli alunni disabili.

Può bastare al Miur e al Mef per salvarsi?

Su quei posti verranno nominati in parte docenti precari, ma anche docenti provenienti da concorsi.

E, comunque, quelle nomine non garantiscono il diritto di tutti i precari che potrebbero essere salvati dalla sentenza della Corte di giustizia europea. Sconfitta annunciata?