
Tempo di emergenza/1. La politica
La bufera che ha investito le finanze pubbliche e la credibilità internazionale del nostro Paese ha accelerato la chiusura di un’epoca. L’annuncio delle dimissioni del governo ha reso possibile, sotto l’impulso del presidente Napolitano, il fulmineo varo della legge di stabilità (ex finanziaria) con il sostanziale consenso delle principali forze politiche e l’incarico di premier a Mario Monti, che lo ha accettato con riserva.
Già la scorsa settimana avevamo parlato di ‘crepuscolo del bipolarismo’, almeno nella particolare forma che esso ha assunto in Italia a partire dal 1994, proprio perché la profondità della crisi finanziaria internazionale aveva reso assolutamente evidente l’inadeguatezza di qualunque schieramento ‘partisan’ ad affrontare i problemi di fondo che frenano lo sviluppo del nostro Paese. E ciò a causa della paralisi decisionale provocata dall’elevato grado di conflittualità interna alle stesse maggioranze di governo, provocata dalla necessità di creare coalizioni eterogenee per vincere le elezioni (la stessa cosa, sia pure in circostanze diverse, era accaduta nel 2008 con la caduta del secondo governo Prodi).
Qualunque sia il tipo di governo che ci porterà fino alle prossime elezioni politiche (tecnico o tecnico-politico), quel che è certo è che per essere all’altezza delle esigenze nazionali e delle aspettative internazionali esso dovrà cercare un consenso politico e sociale ampio, ben più ampio di quello che potrebbero ad esso assicurare risicate maggioranze, sia di destra che di sinistra. Per affrontare l’emergenza serve un governo di emergenza, un governo no partisan.
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