Supplenze: ecco i veri problemi della supplentite

Il problema delle supplenze che angustia l’Amministrazione scolastica non è soltanto quello della supplentite, cioè l’insieme delle criticità derivanti dal ricorso eccessivo di docenti con contratto a tempo determinato di durata annuale o fino al termine delle attività didattiche al 30 giugno: un malessere del sistema che da anni registra la sua fase acuta all’inizio dell’anno scolastico e, dopo il picco iniziale, si normalizza nei due-tre mesi successivi.

C’è un’altra forma di supplentite, forse più insidiosa, che ha un andamento cronico con manifestazioni continue per tutto l’anno scolastico. Si tratta di un disturbo fastidioso per la continuità didattica e per il regolare svolgimento delle attività didattiche derivante dall’impiego temporaneo di docenti per brevi supplenze.

Le regole per le supplenze brevi sono state fissate dieci anni fa da un apposito regolamento (decreto ministeriale 13 giugno 2007).

In particolare le maggiori sofferenze da supplentite si registrano nella scuola primaria per effetto di alcuni diritti del supplente riconosciuti dal regolamento, come, ad esempio, quello di differire di 24 ore la presa di servizio oppure rinunciare senza conseguenze alla proposta di supplenze brevi, in attesa di proposte più vantaggiose per maggior durata.

Chi ne scapita sono gli alunni e i docenti di classe. In attesa dell’arrivo della supplente (attesa che a volte dura molti giorni), gli alunni vengono assegnati a piccoli gruppi in altre classi.

Non molto diversa la situazione anche negli altri gradi di scuola.

L’organico aggiuntivo previsto dalla Buona Scuola avrebbe dovuto sopperire a questa supplentite, come aveva dichiarato prematuramente nell’estate di tre anni fa l’ex-ministro Giannini al meeting di Rimini, anticipando una parte della riforma renziana.

In effetti il beneficio di quella risorsa d’organico non si è ancora fatto sentire, e la malattia non dispone ancora di un efficace antidoto per essere debellata.