Sull’AIDS la scuola aumenti i livelli di guardia

A Milano, dal 6 all’8 giugno si terrà l’ottava edizione di Icar (Italian Conference of Aids and Antiviral Research). Il convegno, come ogni anno, metterà a confronto le novità in tema di prevenzione, diagnosi e cure delle principali infezioni virali.

Nel nostro Paese sono 120 mila le persone che convivono con questa malattia e ogni due ore si verifica un nuovo caso. Sono quattromila i nuovi casi nell’ultimo anno, la maggior parte sono giovani compresi tra i 25 e i 29 anni.

Secondo gli esperti, nel 60% dei casi la diagnosi è tardiva perché la malattia si manifesta in una fase avanzata di infezione. La regione più colpita è la Lombardia con circa 20 mila persone sieropositive seguita da Lazio, Emilia Romagna e Liguria.

Se è vero che la mortalità è notevolmente diminuita grazie alle nuove terapie, l’infezione da HIV resta una malattia dalla quale non si guarisce.

Da noi c’è poca informazione: l’Italia continua ad essere, in Europa, ultima in materia di prevenzione. Non a caso la percentuale delle persone che non sa di essere malata è di circa il 25%. L’inconsapevolezza della malattia porta inevitabilmente con sé il rischio di possibili nuovi casi di infezione: il sieropositivo che non sa di esserlo rappresenta un pericolo per sé perché una diagnosi precoce gli permetterebbe di accedere al più presto alla terapia antivirale, e per gli altri, se non fa uso del preservativo.

La drastica riduzione dell’informazione in merito all’HIV e alla sua trasmissione sta determinando questo quadro poco consolante. La politica ed in particolare la scuola sono chiamate a dare risposte tempestive a un problema che è tenuto in secondo piano. La scuola è il luogo dove i bambini e gli adolescenti imparano e crescono. L’istruzione è, perciò, un elemento fondamentale nella lotta alla diffusione del virus HIV. Affrontare il tema con apertura mentale per educare e informare i giovani dei pericoli connessi all’infezione HIV.

È urgente e fondamentale cercare di accrescere la sensibilità soprattutto nell’individuare i comportamenti a rischio e per far sì che le persone esposte si sottopongano ai test diagnostici, essenziali per combattere una malattia sempre più curabile ma non guaribile.