Stato giuridico dei docenti: prevale la legge o il contratto?

Dalla discussione sul disegno di legge sullo stato giuridico degli insegnanti, in corso alla VII Commissione della Camera, più che il merito della proposta sta uscendo una questione di principio sul rapporto tra potere legislativo e potere contrattuale.
L’on. Alba Sasso (DS) ha infatti dichiarato “irricevibile” la proposta di legge presentata dai rappresentanti della maggioranza, sottolineando che “il divieto di intervenire con legge su materie di competenza della contrattazione collettiva (come, a titolo di esempio, quella della progressione di carriera degli insegnanti) discende dalle norme di principio che hanno disposto la «privatizzazione» del rapporto di lavoro del personale scolastico“.
L’on. Piera Capitelli (DS-U) ha ribadito che, per il suo gruppo, “il testo in esame è nel suo complesso irricevibile, ma che non si intende con ciò rifiutare un confronto di merito, purché esso sia ricondotto su un terreno di piena legittimità” (dove il richiamo alla legittimità evidentemente fa intendere che devono essere soppresse le parti che riguardano contenuti del rapporto di lavoro dei docenti, come carriera, assunzioni, ecc.).
Un po’ più sfumata la posizione di altri parlamentari dell’opposizione che hanno piuttosto evidenziato la non opportunità di intervenire per legge su materie rimesse alla contrattazione, senza entrare in una discussione se la sovranità legislativa del Parlamento possa essere subordinata, limitatamente a talune materie, alla contrattazione.
E il Governo? Continua a sostenere che non accorderà il consenso alle iniziative legislative che invadono “terreni” riservati alla contrattazione e che nella proposta in discussione non ravvisa “invasioni di campo”.
La discussione in Parlamento non investe tanto la legittimità o meno di un intervento legislativo su questioni fino ad oggi riservate alla contrattazione quanto la necessità di definire un quadro di regole diverso che possa davvero avere incidenza nel governo complessivo del sistema scolastico.
Poiché è in discussione il rapporto tra sindacato e politica, dovrebbe essere il Governo a facilitare il lavoro e il cammino verso un ripensamento delle regole del gioco sociale. Viceversa sembra che si stia andando verso un nuovo scontro frontale.