Stabilizzazione dei precari. Gissi: non di soli concorsi vive la scuola

L’apertura del ministro dell’istruzione Bussetti, giunta a poche ore dal voto per le europee, per aprire una prospettiva di stabilizzazione ai docenti precari di terza fascia con almeno tre anni di servizio alle spalle è stata criticata da esponenti dell’opposizione e da parlamentari grillini, quindi della maggioranza, che hanno bollato come azzardato l’annuncio dal sapore ‘elettorale’ di misure straordinarie per la stabilizzazione dei precari storici della scuola, in deroga a procedimenti di accesso trasparenti e meritocratici. Insomma no a scorciatoie che escludano i concorsi.

La segretaria generale della Cisl-scuola, Maddalena Gissi, non ha gradito quelle critiche.  

Non accetto– ha dichiarato – che si metta in caricatura una proposta sindacale sul reclutamento che credo molto meditata e seria, che non nasce da ideologie o inseguimento del consenso ma da una profonda, diretta e quotidiana conoscenza di come la scuola vive e funziona”.

Per chi ritiene che sia il concorso la strada maestra per accertare la qualità professionale dei docenti, la Gissi esprime un dissenso motivato con una punta polemica: “ma perché quelli che si preoccupano così tanto della qualità, dando a credere che basti un concorso selettivo a garantirla, non battono ciglio di fronte a una realtà che vede ogni anno coprire con personale precario quasi il 20% dei posti che funzionano? Sono tutti incapaci? ma siccome forse costano un po’ meno possiamo anche chiudere un occhio su come lavorano? Magari per anni e anni? Ma siamo seri, per favore, e rispettosi delle persone di cui parliamo”.

Dopo avere chiarito la sua non contrarietà ai concorsi, difende l’esperienza condotta sul campo da migliaia di precari e afferma: “Credo che dopo tre anni di lavoro precario – perché di questo stiamo parlando – si possa parlare di un’esperienza acquisita e da valorizzare; abbiamo anche detto che il lavoro precario dovrebbe essere sostenuto da supporti di formazione in servizio, e niente impedisce di monitorarlo. Con queste premesse, la stabilizzazione non diventa più un privilegio, ma un atto di giustizia”.

Precisa inoltre che si gioca sull’equivoco per cui assumere i precari significherebbe aumentare i posti di lavoro, “cosa non vera in quanto si tratta solo di rendere stabili posti di lavoro di cui comunque ogni anno (attualmente oltre 150.000!) la scuola ha bisogno per funzionare”.

Se l’interpretazione della Gissi sottintende che la stabilizzazione equivale – grosso modo – a trasformare l’organico di fatto in organico di diritto, sarà necessario verificare la posizione del MEF che, nel merito, ha sempre avuto una posizione decisamente contraria.